Makka SulaevMakka Sulaev

Esclusa l’aggravante della premeditazione ma anche la legittima difesa

È arrivata nel tardo pomeriggio di giovedì 8 maggio la sentenza della Corte d’Assise di Alessandria sul caso di Makka Sulaev, la giovane studentessa di Nizza Monferrato accusata di aver ucciso il padre il 1° marzo 2024. La ragazza è stata condannata in primo grado a 9 anni e 4 mesi di reclusione per omicidio volontario, con l’esclusione dell’aggravante della premeditazione, inizialmente invocata dal pubblico ministero Andrea Trucano, che aveva chiesto una pena inferiore di 7 anni.

Makka Sulaev potrà studiare: non sconterà la pena in carcere

Una decisione complessa quella della Corte, che ha tenuto conto delle attenuanti generiche riconosciute alla ragazza, delle circostanze familiari e del contesto drammatico in cui si è consumato il fatto. Al tempo stesso, tuttavia, i giudici non hanno accolto la tesi della legittima difesa, sostenuta dall’avvocato della ragazza, Massimiliano Sfolcini, il quale aveva chiesto per la sua assistita l’assoluzione completa.

Makka Sulaev, 19 anni, non sconterà la pena in carcere: potrà infatti continuare i suoi studi grazie a una misura alternativa che prevede l’obbligo di firma presso la caserma dei Carabinieri del paese, cinque giorni su sette. Revocati, inoltre, gli arresti domiciliari.

L’episodio che ha cambiato per sempre la sua vita si è consumato all’interno dell’abitazione familiare: secondo quanto emerso dalle indagini, quella sera Makka sarebbe intervenuta per difendere la madre da una delle ennesime violenze del marito, Akhyad Sulaev, che l’avrebbe prima minacciata e poi aggredita fisicamente tentando di strangolarla. Il padre avrebbe poi colpito anche Makka con estrema brutalità. A quel punto la ragazza avrebbe afferrato un coltello da cucina, colpendolo due volte in una reazione che, secondo la difesa, era frutto di terrore e disperazione.

L’agghiacciante messaggio della madre prima del dramma

Agghiacciante un dettaglio emerso durante il processo: poco prima del suo arrivo a casa, la madre le aveva scritto un messaggio in cui le chiedeva di prendersi cura dei fratellini nel caso le fosse accaduto qualcosa, mentre lo stesso padre avrebbe preannunciato un “concerto”, un termine nel linguaggio ceceno connesso a eventi tragici. Una premonizione? Una minaccia? Per Makka, sembrava un presagio di morte.

Nel corso della requisitoria, il pm Trucano ha riconosciuto la complessità del caso e il dolore vissuto dalla giovane, definendolo un “processo difficile”, ma ha comunque concluso affermando: “Non posso che ritenerla responsabile dell’omicidio”. La sentenza segna una tappa giudiziaria importante, ma lascia aperta una ferita che difficilmente potrà rimarginarsi.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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