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Ciro Grillo e amici: chiesti 9 anni per stupro di gruppo. Le arringhe accendono il dibattito

Si è conclusa con una richiesta di condanna a 9 anni di carcere la lunga requisitoria del pm Gregorio Capasso nel processo per violenza sessuale di gruppo che vede imputati Ciro Grillo, Francesco Corsiglia, Edoardo Capitta e Vittorio Lauria.
La presunta vittima è una studentessa italo-norvegese. I fatti risalgono all’estate del 2019 a Porto Cervo.


Due capi di imputazione: dai video alle foto con l’amica dormiente

Il capo A dell’imputazione comprende tre episodi: un primo approccio respinto, un secondo rapporto sessuale con Corsiglia alla presenza degli altri, e un presunto rapporto di gruppo filmato.
Il capo B riguarda invece foto scattate a un’altra ragazza mentre dormiva, che coinvolgerebbero Grillo, Capitta e Lauria.

Il pubblico ministero ha chiesto anche la confisca dei beni e risarcimenti economici.


Bongiorno: ‘1.675 domande alla vittima. Il suo consenso vale zero per gli imputati’

Nelle sue durissime arringhe, l’avvocata Giulia Bongiorno, legale della ragazza, ha messo l’accento su una visione misogina e sistemica:

“La mia assistita è stata chiamata tr… non perché lo era, ma perché dopo un po’ di vodka lo sarebbe diventata. Questo è il linguaggio degli atti”.

La studentessa ha sostenuto 35 ore di esame in aula, affrontando 1.675 domande:

“La commozione l’ha travolta per 18 volte, al punto che è stato necessario interrompere l’udienza- prosegue Giulia Bongiorno- Non so se nella storia giudiziaria esiste un’altra teste alla quale sono state rivolte 1.675 domande. Resterà credo cristallizzato in questo processo il fatto che il contraddittorio non è stato limitato”. ” Quando non ricordava, ha detto ‘non lo so’. Non ha mai inventato nulla”, ha sottolineato la legale.


‘Chat sessiste, corpi oggettificati: emerge la cultura dello stupro’

Bongiorno ha mostrato in aula anche una foto scattata dai ragazzi, nudi accanto al volto dell’altra ragazza che dormiva.

“Non importa se lei non voleva. Per loro la volontà della donna vale zero. Questo è il filo rosso del processo: il consenso femminile trattato come irrilevante”.

La legale ha invitato il collegio giudicante a rileggere le chat tra gli imputati, dove le donne sono descritte in modo degradante e sistematicamente oggettificate.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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