Il termine era stato utilizzato in riferimento ad un episodio di disabilità
Durante l’edizione serale del Tg5 andata in onda martedì 2 settembre, la giornalista e conduttrice Cesara Buonamici ha preso la parola nel corso dell’appuntamento serale delle 20:00 per chiarire un episodio che aveva suscitato reazioni e commenti. La storica voce del telegiornale di Canale 5 ha infatti ritenuto doveroso porgere pubblicamente le proprie scuse per l’utilizzo di un termine considerato oggi superato e inappropriato.
La sera precedente, nel lanciare un servizio legato a un episodio di cronaca minore, Buonamici aveva parlato di un triciclo ortopedico rubato e poi ritrovato, destinato a una bambina con gravi difficoltà motorie. Nel descrivere la vicenda, aveva definito la piccola «handicappata». Una parola che, pur senza alcuna intenzione denigratoria, è apparsa immediatamente fuori luogo.
«Riguardo un episodio di disabilità ho usato, sbagliando, una parola che non si usa più. Mi dispiace e mi scuso» – ha dichiarato Buonamici nell’edizione del Tg5 delle 20 del giorno successivo. Un gesto semplice ma significativo, volto a ribadire il proprio riconoscimento dell’errore e la volontà di non alimentare fraintendimenti o offese.
Un termine superato dal tempo
Per decenni in Italia, e non solo, la parola cerchiata in rosso è stata ampiamente usata, anche in ambito istituzionale. Ma con il passare del tempo il linguaggio si è evoluto, insieme alla sensibilità sociale e culturale. Oggi quel termine è considerato stigmatizzante, perché riduce l’identità della persona esclusivamente alla sua condizione di salute o di difficoltà.
L’approccio moderno invita a un cambiamento radicale: non più definire le persone in base a una limitazione, ma riconoscerle come individui a tutto tondo, con diritti, capacità, aspirazioni e dignità proprie. Per questo si parla sempre più di “persone con disabilità”, espressione che mette al centro la persona e non la condizione.
Il riferimento alla Convenzione Onu
A rafforzare questa visione è intervenuta, già nel 2006, la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall’Italia nel 2009. Il documento sottolinea come la disabilità non debba essere vista come un limite assoluto, ma come il risultato di un’interazione tra una condizione individuale e le barriere fisiche, sociali e culturali che ostacolano la piena partecipazione alla vita collettiva.
Questo cambio di prospettiva è stato accolto anche nel linguaggio giornalistico, che negli ultimi anni si è orientato verso formule più inclusive e rispettose, abbandonando parole percepite come etichette riduttive.
La vicenda del triciclo
Il contesto da cui è scaturita la polemica era una notizia a lieto fine. Una bambina con disabilità motoria aveva subito il furto del suo triciclo ortopedico, uno strumento indispensabile per la sua mobilità e le sue attività quotidiane. Dopo l’appello lanciato dalla famiglia e rilanciato dai media, il triciclo è stato recuperato e restituito, suscitando sollievo e gioia.
Il racconto di una storia positiva, però, si è trasformato in un caso di attenzione linguistica. Un dettaglio che conferma come anche nelle cronache apparentemente minori si giochi una partita importante: quella della rappresentazione rispettosa delle persone.
Le reazioni e il gesto di Buonamici
Sui social e nelle community che si occupano di inclusione, la scelta della parola «handicappata» non è passata inosservata. Alcuni utenti hanno sottolineato la necessità, soprattutto per chi lavora nell’informazione, di aggiornare costantemente il proprio linguaggio.
La stessa Cesara Buonamici, con il suo intervento in diretta, ha voluto dare un segnale: riconoscere un errore non è una debolezza, ma un atto di responsabilità.