Enrica BonaccortiEnrica Bonaccorti

La conduttrice: ‘Non mi faccio seppellire dall’ansia’

Non cerca compassione, non cerca clamore. Enrica Bonaccorti, attrice, conduttrice, voce di radio e televisione, ha scelto la via più difficile: dire la verità. Lo ha fatto senza filtri, con quella lucidità tagliente che l’ha sempre contraddistinta. «Ora che mi hanno sospeso la chemio—dice—non ho più dolori né nausea, ma mi resta un po’ di debolezza. L’atteggiamento positivo aiuta molto… e dunque, guarirò». È una confessione che vibra di vita, più che di malattia.  

Il tumore si è insinuato in un punto del corpo molto delicato, è impossibile operarlo, intervenire per rimuoverlo. Purtroppo. Ora devo iniziare le sedute di radioterapia. Ho speranza nella scienza, che ha fatto passi avanti incredibili, nella ricerca, che dobbiamo sostenere sempre più.


Come ha scoperto la malattia Enrica Bonaccorti?

La diagnosi è arrivata quasi per caso, come un colpo basso di quelli che arrivano quando non li aspetti. «A inizio luglio—racconta a Gente—ero andata a ritirare i risultati delle analisi dopo un piccolo intervento per un impianto allo stent nell’addome. Volevo sapere se potevo partire per le vacanze. Tre giorni dopo ero alla prima seduta di chemioterapia: mi avevano trovato un tumore al pancreas».

Un fulmine. Una condanna anticipata, quella parola tremenda, tumore al pancreas, che nella percezione comune pesa come un macigno. Ma Bonaccorti non è un personaggio comune: non scappa, non si nasconde. Analizza, affronta, reagisce.


Il crollo e poi la resurrezione: «Ho vissuto un letargo a occhi aperti»

Le prime settimane dopo la diagnosi sono un pozzo nero. Lei non lo nega, non finge. «Sono rimasta bloccata. Ferma. Le gambe, i pensieri, i desideri. Era come se la mia vita avesse tirato il freno d’emergenza. Mi chiudevo in camera e stavo lì, immobile».

Isolamento. Telefono muto. Messaggi non letti. «Vedevo i nomi di amici, parenti, colleghi. Ma non rispondevo nemmeno a me stessa». È una frase terribile, eppure potentissima. È la sincerità brutale di una donna che ha avuto tutto dalla vita—successi, palcoscenico, notorietà—ma che ora è davanti alla domanda definitiva: quanto vale vivere?


La rinascita grazie ai social (sì, davvero)

Poi succede qualcosa. Accade il contrario di quello che si racconterebbe in un romanzo. Non è un medico a salvarla, non è una cura miracolosa. Sono i social. «Ho deciso di far parlare un’immagine—racconta—e mai avrei immaginato che mi avrebbe aiutato così tanto». Condivide una foto. Nessuna lacrima. Solo sincerità.

Risultato: migliaia di messaggi, una valanga di umanità, una comunità digitale che la abbraccia. «Mi sono arrivati messaggi pieni d’amore. Era come se mi risvegliassero». Da quel momento, Bonaccorti riaccende la luce. Smette di essere paziente e torna a essere persona.


Chemio sospesa: è un segnale di speranza?

Oggi la terapia si è fermata temporaneamente. Il motivo, spiega, è clinico e non drammatico: «Sto reagendo, ma ora devo recuperare le energie. La chemio devasta, è inutile fingere». Ma la sua è una battaglia consapevole, non cieca. Crede nella scienza e non ammette superstizioni del caso. «Ho fiducia nei medici. Non ho paura».


La sua lezione: «Non mi faccio rubare il futuro»

Il grande dramma della malattia non è la morte, dice Bonaccorti, ma la sospensione della vita. L’attesa. Il dubbio. «Non permetterò che la malattia decida chi sono. Io non sono il mio tumore». Una dichiarazione di guerra. Una pronta difesa dell’identità. Perché, aggiunge, la dignità non è un dettaglio.

Nel suo racconto non c’è autocommiserazione, nessuna richiesta di simpatia. C’è la volontà di stanare un tabù: il modo in cui i malati vengono invisibili. «La gente ti parla piano, cambia argomento, ti tratta come fragile. Ma fragile lo diventano loro, non tu».

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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