Il giallo di Garlasco e la nuova pista sul DNA
A 17 anni dall’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007 nella villetta di via Pascoli a Garlasco, il caso torna a far discutere per un dettaglio che potrebbe rivelarsi cruciale: il DNA trovato sotto le unghie della vittima.
Venerdì scorso, davanti al gip Daniela Garlaschelli, sono stati presentati i primi risultati delle analisi eseguite nell’ambito dell’incidente probatorio. Il genetista Marzio Capra, storico consulente della famiglia Poggi, ha sottolineato che il materiale genetico raccolto sarebbe «valido» e dunque utilizzabile per nuovi confronti. Una rivelazione che potrebbe ridisegnare lo scenario investigativo.
Le posizioni degli esperti e le divergenze tra le parti
Il DNA rinvenuto è al centro di un acceso confronto tra accusa, difesa e consulenti. Secondo la Procura e gli esperti nominati, uno dei due profili genetici riscontrati sotto le unghie di Chiara sarebbe riconducibile ad Andrea Sempio, amico di Marco Poggi, fratello della vittima, e unico indagato nella nuova inchiesta.
La difesa di Sempio, insieme ai suoi legali Massimo Lovati e Angela Taccia, contesta questa interpretazione, sostenendo che il campione fosse insufficiente e degradato per poter arrivare a un risultato attendibile.
Dall’altra parte, la famiglia Poggi, rappresentata dall’avvocato Francesco Compagna, insiste sulla necessità di far chiarezza: «Ci sono dati probatori reali, non possiamo dare l’impressione che le scienze forensi non abbiano valore».
L’incidente probatorio e le nuove perizie
Il giudice ha affidato l’incarico a tre consulenti: la genetista Denise Albani, l’esperto dattiloscopico Domenico Marchigiani e, da ultimo, Giovanni Di Censo, incaricato di occuparsi delle impronte rinvenute su oggetti come il pacco di cereali e un sacchetto della spazzatura.
Gli esperti hanno ottenuto una proroga di 70 giorni, fino al 18 dicembre, per completare gli accertamenti. La data rappresenta un crocevia importante: sarà allora che i risultati verranno presentati e che la Procura dovrà decidere se procedere con nuove contestazioni a carico di Sempio.
L’ombra dell’“impronta 33”
Tra i nodi ancora irrisolti figura la cosiddetta “impronta 33”, rilevata su una parete delle scale che portano al seminterrato della villetta dei Poggi. Secondo gli inquirenti, quell’impronta sarebbe riconducibile proprio ad Andrea Sempio, ma il dato non è stato incluso nell’incidente probatorio.
Un’esclusione che ha generato amarezza nella famiglia della vittima: «Ci aspettavamo che fosse il momento del chiarimento, invece la prova che riteniamo più rilevante rimane fuori» ha dichiarato l’avvocato Compagna.
Indagini parallele e ombre sulla vecchia Procura
Il caso non si limita al solo fronte scientifico. A Brescia proseguono infatti le indagini parallele della Procura sull’ex procuratore di Pavia, Mario Venditti, accusato di corruzione in atti giudiziari.
Durante una perquisizione a casa dei genitori di Sempio, è stato rinvenuto un appunto con la scritta «Venditti gip archivia x 20.30 Euro». Secondo l’accusa, il magistrato avrebbe ricevuto denaro per favorire l’archiviazione di Sempio nel 2017.
I genitori del giovane, però, respingono ogni accusa e, in un intervento al programma Quarto Grado, hanno ribadito: «Non abbiamo mai dato una lira a nessuno».
Un caso che non smette di dividere
Il delitto di Chiara Poggi è da sempre uno dei casi più controversi della cronaca nera italiana. Dopo la condanna definitiva di Alberto Stasi, fidanzato della vittima, a 16 anni di carcere, l’emergere di nuovi elementi ha alimentato dubbi e tensioni.
Ora, con il ritorno sotto i riflettori del DNA sotto le unghie, si aprono scenari inediti che potrebbero riscrivere la storia di quel 13 agosto 2007. La famiglia Poggi chiede giustizia e chiarezza, mentre la difesa di Sempio parla di accuse infondate.
Il prossimo 18 dicembre, con la conclusione delle perizie, si capirà se davvero quel frammento di DNA potrà cambiare il destino di un processo che sembrava ormai chiuso.