Hamas dice sì al piano Trump: svolta o mossa tattica?
La scadenza fissata da Donald Trump era chiara: entro domenica sera Hamas avrebbe dovuto rispondere al piano americano per Gaza, pena un via libera a Israele per l’“annientamento” delle fazioni armate nell’enclave. E la risposta è arrivata.
Con un comunicato diffuso in tarda serata, il movimento islamista ha annunciato di essere pronto a rilasciare tutti gli ostaggi israeliani – vivi e morti – secondo il meccanismo di scambio proposto dagli Stati Uniti, e di voler aprire “immediatamente” i negoziati per i dettagli.
Un’apertura definita “storica” dal presidente americano, che su Truth Social ha scritto: “Credo che siano pronti per una pace duratura. Israele deve interrompere i bombardamenti per permettere la liberazione sicura degli ostaggi”.
Cosa prevede il piano di Trump per Gaza
Il documento, articolato in 20 punti, disegna il dopo-guerra di Gaza:
- liberazione immediata degli ostaggi,
- ingresso senza ostacoli degli aiuti umanitari,
- fine delle operazioni israeliane,
- e soprattutto la creazione di una forza internazionale di stabilizzazione che sostituisca l’Idf nella Striscia.
Su questo ultimo punto, però, Hamas ha mostrato freddezza. Moussa Abu Marzouk, alto dirigente del movimento, ha spiegato ad Al Jazeera che la questione “richiede chiarimenti” e ha ribadito che il disarmo sarà possibile solo “alla fine dell’occupazione israeliana”.
Hamas pronta a cedere Gaza?
Nella nota, Hamas si è detta disponibile a trasferire la gestione della Striscia a un “ente palestinese sostenuto da arabi e musulmani”. Un passaggio che sembra aprire a un futuro senza il controllo diretto del movimento, ma che secondo analisti cela l’intenzione di negoziare comunque un ruolo politico nella fase post-bellica.
Un’ipotesi che difficilmente sarà accettata da Benjamin Netanyahu e, in prospettiva, dalla stessa amministrazione americana.
Israele come risponde?
Da Gerusalemme, almeno per ora, silenzio. I media israeliani hanno bollato il comunicato di Hamas come “evasivo” e “non vincolante”, sottolineando che mancano riferimenti chiari a due punti chiave:
- la consegna delle armi,
- e l’accettazione di una forza internazionale a Gaza.
Per Netanyahu, già in difficoltà interna, accettare una tregua che lasci Hamas in vita significherebbe pagare un prezzo politico altissimo.
Gli ostaggi: gli ostacoli per la liberazione
Il piano americano prevede la liberazione entro 72 ore di tutti i prigionieri israeliani ancora nelle mani di Hamas. Ma lo stesso Marzouk ha definito la scadenza “irrealistica nelle attuali circostanze”, aprendo a una trattativa più lunga.
Di fatto, Hamas lega il rilascio alla sospensione dei bombardamenti e a condizioni di sicurezza “sul terreno”. In altre parole, la partita sugli ostaggi resta una leva di pressione decisiva.
Pace duratura o tregua fragile
Con la sua mossa, Hamas ha evitato – almeno per ora – la “resa dei conti” promessa da Trump e da Netanyahu. Ma la strada verso una pace duratura resta accidentata.
L’organizzazione islamista prova a mostrarsi come attore politico legittimo, pronto a dialogare nel quadro di un futuro “Stato palestinese”. Israele, invece, guarda a un futuro senza Hamas.
E il piano americano, più che un accordo già scritto, appare come un banco di prova diplomatico: se reggerà, potrebbe segnare la svolta più importante in Medio Oriente degli ultimi decenni. Se fallirà, Gaza rischia di tornare in poche ore sotto le bombe.