La tragedia si è consumata a Lonato del GardaLa tragedia si è consumata a Lonato del Garda

Un matrimonio proibito e tre colpi di pistola: cosa è successo a Lonato del Garda?

Una donna lasciata agonizzante davanti al pronto soccorso, tre ferite da arma da fuoco, un video di minacce con una pistola in pugno e un matrimonio che non “s’ha da fare”. È la sintesi brutale del caso di Dolores Dori, 44 anni, di origine sinti, uccisa nel Bresciano dopo un regolamento di conti familiare che rischia di trasformarsi in una nuova faida tra clan del Nordest.

Secondo le prime indagini dei carabinieri di Brescia, coordinate dal pm Francesca Sussarellu, la donna sarebbe stata colpita al termine di una lite esplosa nel campo nomadi di via Ferrarini a Lonato del Garda, nel tardo pomeriggio di giovedì 2 ottobre.

Chi era Dolores Dori e perché si è arrivati allo scontro?

Dolores viveva a Camponogara, nel Veneziano, con il marito e i figli. Nella comunità sinti del Nordest il suo nome era noto: proveniva da una famiglia con una discendenza considerata “nobiliare” e un passato turbolento, segnato da episodi giudiziari. Ma la tragedia di Lonato non nasce dal crimine, bensì da una storia d’amore osteggiata.

La figlia ventitreenne della coppia si era innamorata di un giovane che vive nel campo bresciano. Un’unione che le due famiglie non hanno mai accettato, per ragioni di lignaggio e per vecchie tensioni tra clan. Dopo diverse fughe e tentativi di “recupero”, giovedì sera Dolores ha deciso di intervenire di persona.

È salita su una Alfa Romeo Stelvio, con il marito e uno dei figli, diretta a Lonato. Testimoni parlano di un arrivo concitato: la donna, armata, sarebbe scesa dall’auto gridando il nome della figlia e chiedendo di riportarla a casa.

Il confronto nel campo e i tre colpi fatali

La tensione è esplosa in pochi secondi. Nel campo si trovavano i parenti del giovane promesso sposo, che avrebbero reagito con violenza all’irruzione della coppia. Tutti armati, tutti urlanti. Poi tre spari in rapida successione. Dolores Dori è caduta a terra, colpita all’addome e a una gamba.

Il marito e il figlio l’hanno caricata in auto e portata davanti all’ospedale di Desenzano del Garda. L’hanno lasciata lì, ferita a morte, e sono fuggiti. I sanitari hanno tentato il tutto per tutto, ma la donna è morta poco dopo.

Le indagini

È la domanda su cui lavorano da giorni gli investigatori. L’ipotesi più accreditata è quella di una lite familiare degenerata, con i parenti del giovane fidanzato che avrebbero aperto il fuoco. A complicare il quadro, la fuga di tutte le roulotte del campo di Lonato subito dopo il delitto: un segnale di “sgombero volontario” per cancellare tracce e nascondere i responsabili.

Ma la vicenda si intreccia con altri retroscena. Il fratello di Dolores, infatti, è un collaboratore di giustizia che vive in Toscana: aveva rivelato in passato fatti delicati su presunti episodi di corruzione in carcere. Per questo, gli inquirenti non escludono che qualcuno abbia potuto colpire la donna come “avvertimento”, anche se questa pista, al momento, appare secondaria.

Un video di minacce e il rischio di una faida

Il giorno dopo il delitto, un video è comparso sui social: il marito di Dolores impugna una pistola, accanto a lui un giovane – forse il figlio – e pronuncia parole che fanno temere per nuovi drammatici sviluppi-

“Riportami mia figlia, o veniamo a prenderla.”

Una frase che suona come una ‘dichiarazione di guerra‘. Gli investigatori temono che la tensione possa degenerare in una spirale di vendette tra famiglie, con rischi di nuove violenze tra Veneto e Lombardia.

La vittima

Dietro la figura della vittima, gli inquirenti tracciano il profilo di una donna dal carattere forte, con un passato segnato da guai giudiziari ma anche da un ruolo dominante nel suo gruppo familiare. Nella comunità sinti veneta era considerata una donna “di rango”, capace di far rispettare le regole. Eppure, proprio quelle stesse regole – i matrimoni combinati, i rapporti d’onore – hanno finito per ucciderla.

Tre colpi di pistola hanno spento la vita di una madre che voleva soltanto riportare a casa la figlia. Ma la sua morte rischia di aprire una ferita ancora più profonda: quella di un codice d’onore antico, che nel 2025 continua a dettare legge nel silenzio dei campi e nell’ombra dei clan.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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