Il piccolo Elia Perrone con la mammaIl piccolo Elia Perrone con la mamma

Lo zio di Elia Perrone: ‘I servizi sociali dovevano intervenire’

Un dramma che sconvolge, l’ennesimo che scuote una comunità incapace di comprendere come un bambino di otto anni, Elia Perrone, potesse essere lasciato solo in un contesto familiare così fragile. La tragedia è avvenuta tra il 17 e il 18 novembre a Calimera, in provincia di Lecce, ma porta con sé una scia di interrogativi che oggi diventano macigni: denunce, timori, richieste d’aiuto e segnali allarmanti che, secondo i parenti, non sarebbero stati ascoltati.

A parlare è Brizio Tommasi, lo zio del padre di Elia, che non nasconde l’amarezza:
«I servizi sociali e la scuola dovevano intervenire. Bastava chiedere al bambino: come stai? Lui lo avrebbe detto. Lo diceva ai nonni. Quando stava con lei era come in ostaggio», afferma con voce spezzata. “Il bambino era intelligente e sveglio. Il bambino lo avrebbe detto. Gli diceva sei ‘una merda’. Lei gli diceva di non dire niente al padre e ai nonni ma lui lo diceva lo stesso. Quando lo teneva lei lo teneva come in ostaggio”

Lo zio del piccolo Elia Perrone
Lo zio del piccolo Elia Perrone

Le ultime ore di Elia: tracce di asfissia nel sonno, Najoua Minniti si è gettata in mare a Torre dell’Orso

Le ultime notizie sul bambino ucciso risalgono alla fine delle lezioni scolastiche di lunedì 17 novembre. Il bambino è stato preso da scuola dalla mamma e portato a casa. Il giorno dopo, invece, era andato a prenderlo il padre, che fa l’infermiere a Casarano, perché questa settimana doveva stare con lui in base alle disposizioni del giudice che ha curato la separazione dei coniugi.

Ma il piccolo a scuola non era andato e la madre era irreperibile. Così è scattato l’allarme. Secondo le prime analisi medico–legali, Elia sarebbe morto per asfissia meccanica, strangolamento o soffocamento. Una dinamica che l’autopsia chiarirà nelle prossime ore. Il piccolo indossava il pigiama, era nel letto dove dormiva abitualmente con la madre, la 35enne Najoua Minniti.

Subito dopo averlo ucciso, la donna sarebbe salita in auto e avrebbe raggiunto Torre dell’Orso, sulla costa salentina. Qui si sarebbe gettata in mare, trovando la morte per annegamento. Il corpo è stato recuperato nel tardo pomeriggio, all’altezza dei faraglioni di Sant’Andrea.

Gli investigatori, al momento, escludono il coinvolgimento di altre persone.


Il contesto familiare: un anno di conflitti, denunce e segnali ignorati

Le indagini si concentrano ora sulle dinamiche successive alla separazione dei genitori, avvenuta circa un anno fa. Un periodo segnato — secondo quanto emerge — da:

  • fragilità emotiva della madre
  • episodi riferiti di minacce e maltrattamenti denunciati dal padre
  • relazioni contrastanti dei servizi sociali
  • decisioni giudiziarie riviste più volte

Il padre, operatore sanitario, assistito dall’avvocato Mario Fazzini, aveva presentato una denuncia-querela per il timore che la donna potesse “fare un gesto estremo coinvolgendo il bambino”.

Il Tribunale, inizialmente, aveva concesso l’affido condiviso, con il piccolo collocato presso la madre.
Successivamente, dopo gli esposti paterni, era stata disposta un’inversione dell’affidamento.
Ma le relazioni dei servizi sociali, ritenendo la donna “idonea”, avevano riportato la situazione indietro. Settimanalmente si recavano per verificare le condizioni del piccolo Elia.

L’esposto del papà: ‘Disse ritieniti responsabile di quello che accadrà a Elia’

E poi quelle parole che avevano spinto il padre di Elia a presentare un esposto al Comune di Calimera, in provincia di Lecce, protocollato il 16 dicembre 2024 come riferito dalla trasmissione Ore 14. “Io sottoscritto ho ricevuto una visita della mia ex compagna. Dopo una breve conversazione sulla divisione delle feste natalizie la signora ha dichiarato di ritenermi responsabile di qualsiasi cosa capitasse a lei e al bambino“.

Nell’esposto lui riporta testualmente alcune frasi che la donna gli disse quel giorno: “Saluta bene 
Elia perché lo porto con me”; “è già capitato che io sia andata di fronte al mare con la macchina“; “ritieniti responsabile di qualsiasi cosa capiti a me e ad Elia“. Di conseguenza l’uomo aveva chiesto l’affidamento esclusivo.


La scuola: “La comunità è sconvolta, servono delicatezza e supporto psicologico”

All’Istituto comprensivo di Calimera, dove Elia frequentava la scuola primaria, il dolore è palpabile. La dirigente scolastica Elisabetta Dell’Atti parla con prudenza e commozione:

«Siamo sconvolti. Abbiamo incontrato i bambini della primaria, le famiglie e il personale. Serve delicatezza, parole giuste, strumenti adeguati».

L’istituto ha attivato immediatamente:

  • uno sportello di ascolto psicologico
  • incontri con professionisti specializzati nella gestione del lutto
  • laboratori con albi illustrati per facilitare la rielaborazione della perdita

«La scuola vuole essere un riferimento. Facciamo rete con istituzioni, famiglie e servizi del territorio», aggiunge la dirigente.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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