La tragedia di Afragola: madre bruciata viva in casa
Un orrore consumatosi tra le mura domestiche ha sconvolto la comunità di Afragola, in provincia di Napoli. Il 31 luglio, Vincenza Russo, 58 anni, è stata avvolta dalle fiamme nella sua abitazione riportando ustioni di terzo grado sul 45% del corpo. Nonostante il ricovero immediato in ospedale, la donna è spirata il 15 agosto, dopo due settimane di agonia.
Inizialmente, la dinamica dei fatti appariva confusa: il figlio della donna, Gaetano Giuseppe Moccia, presente al momento della tragedia, aveva riferito che si fosse trattato di un tentativo di suicidio. Tuttavia, i sospetti e le successive indagini hanno ribaltato completamente la ricostruzione.
Le indagini dei carabinieri: smontata la tesi del suicidio
A occuparsi del caso sono stati i Carabinieri della stazione di Afragola, coordinati dalla Procura di Napoli Nord. Già nei primi sopralluoghi erano emerse incongruenze rispetto al racconto fornito dal 37enne.
I Vigili del Fuoco, intervenuti nell’immediato, avevano ipotizzato un gesto volontario da parte della vittima. Ma l’analisi approfondita, basata su rilievi tecnici e testimonianze, ha escluso questa possibilità. A incastrare Giuseppe sono state le prove raccolte: secondo gli inquirenti, sarebbe stato lui a cospargere la madre di alcol e ad appiccare il fuoco con un accendino.
Perché Giuseppe avrebbe ucciso la madre?
Gli inquirenti hanno definito il legame tra madre e figlio come un rapporto tossico e morboso, fatto di dipendenza reciproca e conflitti continui.
La scintilla che avrebbe portato alla follia omicida risiederebbe nella nuova relazione sentimentale intrapresa da Vincenza Russo. Il figlio, incapace di accettare che la madre si stesse legando a un altro uomo, avrebbe reagito con violenza inaudita. Il partner della donna ha spiegato che si erano conosciuti su Facebook e che dovevano sentirsi di nascosto perché il figlio la controllata.
La dinamica dell’omicidio: chiusa la porta a chiave per impedirle la fuga
Il giorno del delitto, Giuseppe avrebbe chiuso a chiave la porta di casa per impedire a chiunque di entrare o soccorrere la madre. Poi, secondo quanto ricostruito, le avrebbe gettato addosso del liquido infiammabile, appiccando il fuoco.
Dopo aver compiuto il gesto, l’uomo si sarebbe seduto sul divano, mentre la madre urlava per il dolore atroce. Un comportamento che gli inquirenti hanno definito segno di estrema crudeltà.
La consulenza psichiatrica: capace di intendere e volere
Subito dopo l’arresto, disposto dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli Nord, Giuseppe è stato sottoposto a perizia psichiatrica.
Il responso ha accertato che l’uomo è affetto da schizofrenia paranoidea, ma la malattia risultava compensata grazie a una cura farmacologica costante. Per questo motivo, nonostante la patologia, è stato dichiarato capace di intendere e di volere al momento dei fatti.
Una comunità sconvolta da un delitto senza spiegazioni
La notizia ha gettato nello sgomento la comunità di Afragola. I vicini descrivono Vincenza come una donna riservata, ma sempre cortese. Nessuno avrebbe mai immaginato che i contrasti familiari potessero degenerare fino a un simile epilogo.
Il dolore per la morte della donna è aggravato dalla consapevolezza che la tragedia sia stata causata non da un estraneo, ma dal figlio stesso, con cui condivideva la quotidianità.
Cosa succederà ora a Giuseppe Moccia?
L’uomo si trova attualmente detenuto in carcere in regime di custodia cautelare. L’accusa nei suoi confronti è di omicidio aggravato dalla crudeltà e dal vincolo familiare.
Il processo stabilirà le responsabilità definitive e la pena, ma già oggi appare chiaro che si tratta di un delitto maturato in un contesto familiare segnato da ossessioni e fragilità.