Annamaria SartoriAnnamaria Sartori

La scoperta del corpo e i primi sospetti

Era la sera di domenica 15 giugno quando i Carabinieri di Rovereto, allertati dal dispositivo di telesoccorso, sono entrati nell’appartamento di Annamaria Sartori, 87 anni, trovando il suo corpo senza vita a terra e accanto il figlio Giovanni Gabrielli, 61 anni, in lacrime e in stato confusionale. La donna presentava ematomi sospetti e non risultavano segni evidenti di morte naturale.


Indagini, autopsia e la svolta dell’inchiesta

Inizialmente iscritto nel registro degli indagati per omicidio aggravato dal vincolo parentale, Gabrielli è stato posto sotto osservazione psichiatrica presso l’ospedale di Arco, in regime di trattamento sanitario obbligatorio (TSO). La Procura di Trento ha nel frattempo disposto l’autopsia, che ha escluso cause naturali e rafforzato l’ipotesi di un decesso violento, compatibile con uno strangolamento.


L’arresto e il profilo del sospettato

In seguito agli esiti preliminari dell’esame autoptico e agli elementi raccolti dagli inquirenti, il pubblico ministero Fabrizio De Angelis ha ottenuto una misura cautelare in carcere per Giovanni Gabrielli. L’uomo, da tempo seguito dai servizi psichiatrici dell’Azienda Sanitaria e dai servizi sociali della Comunità della Vallagarina, è difeso dall’avvocata Elena Cainelli. Resta ancora ignoto il motivo della sua presenza nell’abitazione materna, dato che risiedeva stabilmente in Puglia dopo un periodo trascorso ad Ala.


Una morte che scuote la comunità

I vicini non hanno riferito di urla o rumori anomali, e l’assenza di testimoni oculari rende più complessa la ricostruzione dei fatti. La Procura prosegue nelle indagini per definire con precisione la dinamica dell’omicidio e il movente, ancora sconosciuto. I funerali della donna si sono svolti il 21 giugno a Rovereto, in un clima di profondo dolore e sgomento.


Il caso ha sconvolto la comunità trentina, dove la figura discreta di Annamaria Sartori era ben conosciuta. La tragedia familiare riapre il dibattito su fragilità mentali, solitudine e i limiti del supporto territoriale. Le autorità invitano alla prudenza nel giudizio, in attesa di ulteriori elementi dell’inchiesta.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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