Sigfrido RanucciSigfrido Ranucci

L’esplosione alla villetta a Pomezia e l’indagine del pool antimafia a piazzale Clodio

Un ventaglio di ipotesi investigative resta aperto dopo l’attentato che giovedì sera ha danneggiato le auto parcheggiate davanti alla villetta dove vive il giornalista Sigfrido Ranucci, conduttore di Report. L’ordigno, una bomba artigianale che ha semidistrutto due vetture in via della frazione di Campo Ascolano, a Pomezia (provincia di Roma), è ora al centro delle verifiche coordinate dalla Procura della Repubblica di Roma e affidate al pool antimafia.

Il pubblico ministero Carlo Villani procede per danneggiamento aggravato dal metodo mafioso e violazione della legge sulle armi; si attende tuttora l’esito degli esami del Ris sui reperti raccolti sulla scena, utili a stabilire tipologia di esplosivo, modalità di confezionamento e provenienza del materiale.


Il materiale esplosivo: cosa dirà il Ris?

Secondo fonti investigative, il manufatto conteneva circa un chilo di polvere pirica compressa. Gli specialisti del Reparto Investigazioni Scientifiche (Ris) stanno analizzando residui e componenti: il risultato potrà indicare la capacità distruttiva del congegno, il tipo di innesco utilizzato e — in caso di analogie tecniche — possibili collegamenti ad altri episodi criminali. Il quadro che emergerà contribuirà a definire se l’azione sia stata messa a punto da professionisti del settore o realizzata con materiali reperiti “in autonomia”.


Le piste dell’indagine

Gli investigatori non escludono alcuna ipotesi. Sul tavolo ci sono tre scenari principali:

  • Gruppi criminali: l’azione potrebbe essere stata commissionata a bande albanesi o ad altri gruppi del sottobosco criminale del litorale romano, realtà note per la capacità organizzativa e la disponibilità di manovalanza esperta.
  • Frange ultras: non è escluso che soggetti appartenenti a fazioni estreme del tifo possano aver agito — per motivazioni legate alla visibilità mediatica o a contrasti derivanti da inchieste su determinati ambienti.
  • “Lupi solitari”: la possibilità che l’ordigno sia opera di un singolo individuo, non organico a strutture criminali, rimane concreta. In dottrina antiterrorismo tale figura è indicata come “lupo solitario”, soggetto che agisce per convinzioni personali o per interesse mirato.

La pluralità di ipotesi riflette la natura “trasversale” dell’attività del giornalista: «Noi tocchiamo talmente tanti interessi e centri di potere — ha detto Ranucci — che è impossibile capire l’origine; credo sia qualcuno legato alla criminalità, non credo nei mandanti politici».


Vie di fuga, pedinamenti e telecamere: i dettagli che contano

Testimoni hanno riferito di aver visto, poco prima dell’esplosione, un uomo incappucciato aggirarsi nella zona e un’auto dileguarsi subito dopo il boato. Gli inquirenti stanno verificando il racconto e analizzando ogni filmato disponibile: appare evidente che l’autore o gli autori conoscessero le vie di fuga e le abitudini serali del giornalista, e che avessero scelto un punto “cieco” rispetto alle telecamere di sorveglianza. Tale elemento rafforza l’ipotesi di osservazione preventiva e, quindi, di preparazione dell’azione.


Il contesto: pentiti, inchieste e possibili ritorsioni

Sullo sfondo dell’indagine resta una circostanza che gli investigatori stanno valutando con attenzione: poche ore prima dell’attentato, un pentito di mafia è stato trasferito dalla zona di Campo Ascolano in altra località protetta. L’uomo, in passato, aveva parlato in trasmissione con lo stesso Ranucci di vicende delicate — dalla presunta trattativa Stato-Mafia agli interessi delle ‘ndrine nel settore dell’energia eolica — fatti che potrebbero aver generato tensioni nel sottobosco criminale.

Ranucci ha ricordato inoltre che il programma tornerà in onda il 26 ottobre, con puntate che — secondo il giornalista — si annunciano “molto delicate”.


Conclusioni: settimana decisiva per l’inchiesta

La settimana che si apre è definita “importante” dagli inquirenti: gli esami del Ris e le attività tecniche (acquisizione di filmati, sommarie informazioni testimoniali, verifiche sui tabulati telefonici e controlli su mezzi e persone della zona) potrebbero fornire elementi decisivi per restringere le piste. Fino ad allora, l’indagine procede a più livelli tra Roma e il litorale, con l’obiettivo di ricostruire movente, mandanti ed eventuali canali di approvvigionamento del materiale esplosivo.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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