Omicidio Chiara Poggi, un nuovo tassello di un puzzle complicato
A distanza di oltre diciassette anni dall’omicidio di Chiara Poggi, il caso di Garlasco continua a occupare stabilmente il dibattito mediatico e giudiziario, tra nuove indiscrezioni, approfondimenti televisivi e ricostruzioni investigative. In questo contesto si inserisce un ulteriore elemento destinato a far discutere: secondo quanto riferito dal Tg1, nelle più recenti valutazioni degli inquirenti sarebbe emersa una nuova impronta insanguinata di una scarpa in cima alle scale della villetta di via Pascoli.
L’impronta e il collegamento con la “traccia 33”
La posizione dell’impronta sarebbe ritenuta compatibile con la cosiddetta traccia 33, una macchia lasciata sul muro che la Procura di Pavia attribuisce ad Andrea Sempio, figura già finita al centro di approfondimenti investigativi negli anni successivi al delitto.
Secondo questa ipotesi, l’aggressore non sarebbe mai sceso completamente lungo le scale che portano alla cantina. Al contrario, si sarebbe fermato nella parte alta, sporgendosi verso il basso e appoggiando una mano al muro, gesto che avrebbe lasciato l’impronta diventata poi uno degli elementi più controversi del caso.
Una dinamica già ipotizzata in passato
Non si tratta di una teoria del tutto nuova. Già in precedenza la Procura aveva sostenuto che l’assassino di Chiara Poggi non avesse percorso i gradini fino in fondo. Questa ricostruzione servirebbe a spiegare un’anomalia che da anni alimenta interrogativi: l’assenza di impronte insanguinate sui gradini della scala, nonostante la violenza dell’aggressione.
L’indiscrezione rilanciata dal Tg1 si collega inoltre a quanto emerso nel giugno scorso, quando si è tornati a parlare di una traccia di suola di scarpa individuata sotto una macchia di sangue catalogata con il numero 44 nella consulenza tecnica del Ris di Parma del 2007.
Una traccia mai analizzata
Secondo quanto riportato, sotto quella macchia sarebbe presente una sorta di strisciata compatibile con il lato destro di una suola, caratterizzata da linee parallele riconducibili alle scanalature del battistrada. Un segno che non risulta essere mai stato sottoposto ad analisi approfondite.
Gli esperti ipotizzano che chi ha lasciato quell’impronta stesse camminando rasente al muro, forse in difficoltà nel mantenere l’equilibrio. La conformazione della scala – che dopo il primo gradino rettangolare curva bruscamente rendendo i successivi quasi triangolari – avrebbe ridotto lo spazio di movimento, costringendo l’aggressore ad appoggiarsi alla parete.
Il nodo delle scarpe e i dubbi sulla condanna
Per alcuni osservatori, l’impronta non sarebbe compatibile con la scarpa Frau numero 42 attribuita ad Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni di reclusione per l’omicidio dell’allora fidanzata. Un dettaglio che riaccende inevitabilmente il dibattito sulla dinamica del delitto e sull’interpretazione delle prove.
Le parole di Salvini e la polemica politica
Sul caso è intervenuto anche Matteo Salvini, che durante la trasmissione Zona Bianca su Rete4 ha espresso forti perplessità:
«Che ci sia la possibilità che da dieci anni sia in carcere un ragazzo normale a cui è stata rovinata la vita per errore è qualcosa che colpisce. Non è una questione di tifoseria: qui c’è qualcosa che non funziona».
Parole che riaccendono una ferita mai rimarginata e che riportano il delitto di Garlasco al centro del dibattito pubblico, tra nuove ipotesi investigative e vecchi interrogativi mai definitivamente risolti.

