Andrea SempioAndrea Sempio

Le parole di Andrea Sempio a Quarto Grado

Andrea Sempio torna a parlare pubblicamente del suo nome tornato al centro del caso Chiara Poggi, a distanza di anni dalla condanna definitiva di Alberto Stasi. Lo fa ai microfoni di Quarto Grado, commentando la chiusura dell’incidente probatorio sul Dna:
“Sono molto contento che sia arrivata questa giornata. Questa cosa del Dna è andata molto per le lunghe negli anni, meno male che finalmente l’abbiamo risolta”.

Sempio entra nel merito della questione genetica, manifestando scetticismo sull’interpretazione delle tracce: secondo lui, una traccia lasciata durante un’aggressione dovrebbe essere più netta e precisa, mentre quella contestata gli appare più compatibile con una contaminazione involontaria.


L’assenza in aula e il confronto con Stasi

Alla domanda sul perché non fosse presente all’udienza finale dell’incidente probatorio a Pavia, dove invece era presente Alberto Stasi, Sempio chiarisce:
“Non era prevista la mia presenza. Avrei dovuto chiedere un permesso al Gip, ma non dovevo intervenire. Sarebbe servito solo a creare più confusione”.

Quanto alla strategia della difesa Stasi, che ha indicato per prima un suo eventuale Dna sotto le unghie di Chiara Poggi, Sempio non polemizza:
“Se loro ritengono Stasi innocente fanno bene a cercare tutte le vie possibili”.


“C’è una tifoseria contro di me”

Il passaggio più duro dell’intervista riguarda il clima mediatico e pubblico:
“C’è una tifoseria ormai schierata, come in una partita di calcio. Ce l’hanno con me”.

Sempio parla apertamente di una narrazione che rischia di trasformarlo nel nuovo ‘mostro’, qualora non emergano elementi tecnici solidi. Una pressione che descrive come costante e logorante, pur ribadendo di non avere nulla da nascondere.


Il rapporto con Marco Poggi

Sul legame con Marco Poggi, fratello della vittima, Sempio racconta di contatti sporadici ma significativi:
“Non ci sentiamo spesso, ma quando succede c’è uno scambio vero tra due amici”.

Parole che restituiscono una dimensione privata e umana, lontana dalla contrapposizione giudiziaria che circonda il caso.


La difesa del padre: “Siamo chiusi in un barattolo”

A Quarto Grado interviene anche Giuseppe Sempio, padre di Andrea, attualmente indagato per corruzione. Le sue parole sono cariche di amarezza:
“Qui non c’è niente da nascondere. Mio figlio non c’entra niente. Non è un Natale. Esci di casa e pensi che lo sia, ma per noi non lo è”. ”.

Racconta una famiglia stremata, che affida ogni decisione alla giustizia:  “Se ho ancora voglia di difendermi? Adesso più di prima. Adesso – risponde Giuseppe Sempio – si diventa cattivi. Noi stiamo i piedi per la cattiveria, la rabbia. È una vigliaccheria che si ripresenta di nuovo e che va avanti.

Noi non avevamo niente da nascondere. Qui non c’è niente da nascondere. Mio figlio non c’entra niente. A casa mia i ragionamenti non si fanno più. Deve farli la giustizia. Noi sappiamo che la verità è la nostra, è solo la nostra. E ci sentiamo chiusi in un barattolo”. 


Il nodo scientifico: Dna e perizie contrapposte

Sul piano tecnico, il genetista Marzio Capra, consulente della famiglia Poggi, indica come unico elemento scientificamente solido il Dna di Alberto Stasi sulla cannuccia dell’Estathé, repertata nella spazzatura presente sulla scena del crimine.

Capra critica duramente la perizia della genetista Denise Albani, sostenendo che siano stati trascurati dati grezzi fondamentali e che non vi sia stato un adeguato confronto con i consulenti del 2014. Vengono contestate anche le modalità di utilizzo della biostatistica e dell’aplotipo Y, ritenute poco conservative.


Un caso ancora aperto sul piano interpretativo

Le conclusioni dell’incidente probatorio, spiegano gli esperti, possono essere lette in modo opposto: rafforzare l’ipotesi della Procura di Pavia o sostenere le tesi difensive di Andrea Sempio. Un equilibrio fragile, che tiene ancora aperto il dibattito su uno dei casi giudiziari più controversi degli ultimi vent’anni.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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