Tiegan Jarman con il papàTiegan Jarman con il papà

La sfida del “chroming” e la tragedia nella sua stanza

Tiegan Jarman, 13 anni, è stata trovata senza vita nella sua cameretta a Thurmaston, nel Leicestershire, il 6 marzo. Accanto al corpo, una bomboletta di deodorante: secondo la famiglia, la ragazza avrebbe partecipato al trend noto come chroming, l’inalazione di gas e sostanze da prodotti d’uso domestico per procurarsi uno sballo rapido e temporaneo. Il tentativo di rianimarla è stato immediato, ma inutile. Tiegan è morta sul posto, senza possibilità di soccorso. Nessun avvertimento, nessun rumore prima del silenzio.


Il padre: «Era brillante, unica. I social l’hanno ingannata»

Paul Jarman la chiamava “Pookie”. Lei rideva, preparava il pollo al burro con lui, gli riempiva la casa di battute e imitazioni. «Era la ragazza più affettuosa e audace di sempre», racconta oggi tra un vuoto e un ricordo. «Mi faceva ridere, aveva una risata che restava addosso. La mia vita è stata distrutta dalla sua morte, ma devo restare in piedi». Una vita quotidiana fatta di cucina, scuola, animali domestici e amicizie. Niente abissi, niente richieste di aiuto taciute. E anche per questo la modalità della morte è ancora più brutale: un gioco virale, una sfida da condividere, un istante di curiosità trasformato in irreversibile destino.


La famiglia: «Non un colpevole, ma un sistema fuori controllo»

Rob Hopkin, patrigno della ragazza, riassume l’incubo senza rabbia ma con lucidità chirurgica: «Non c’è un individuo da accusare, ma un contesto intero che permette a questi contenuti di circolare senza freni». La denuncia è netta: i social sono capaci di censurare pornografia, insulti e contenuti sensibili, ma sembrano ignorare i trend che portano alla morte. Il chroming non è un fenomeno marginale; rimbalza da video a tutorial, da sfida a imitazione, mascherato da goliardia o da esperienza da provare almeno una volta.


Una petizione per cambiare le regole, non per piangere in silenzio

Tiegan lasciava tre fratelli e una sorella, Alisha, 18 anni. Proprio lei ha aperto la petizione su Change.org: un appello diretto a scuole, governi e piattaforme digitali. Chiede che i solventi, spray, deodoranti e prodotti inalabili riportino avvisi evidenti, non scritte in corpo otto su retro confezione. Vuole che i programmi scolastici includano l’educazione ai trend virali e alle challenge estreme, non solo come nota a margine durante un’assemblea ma come materia, ora, urgente.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *