Gisella Boldini a Chi l'ha vistoGisella Boldini a Chi l'ha visto

Il racconto dell’aggressione a Chi l’ha visto della parrucchiera di Trobaso di Verbania

«Avevo paura per gli occhi e continuavo a buttarmi acqua. Lui cercava proprio di aprirmeli per versarmi l’acido». Gisella Boldini, la parrucchiera di Trobaso aggredita quasi un anno fa nel suo salone dall’ex compagno, torna a parlare dopo la decisione del giudice di revocare i domiciliari a Giancarlo M., condannato a tre anni con rito abbreviato. Lo fa ai microfoni del Tg1 e poi si sfoga a Chi l’ha visto, visibilmente scossa: «Vivo nel terrore».

L’attacco avvenne il 28 dicembre del 2024. L’uomo entrò nel negozio impugnando un rasoio a lama libera, poi trascinò la donna in bagno davanti a una cliente che riuscì a dare l’allarme. Dopo aver tentato di colpirla con il rasoio, prese due boccette di acido cloridrico muriatico acquistate poco prima e cercò con forza di aprirle gli occhi per gettarle il liquido corrosivo in faccia. «Sono stata salvata da due angeli che l’hanno portato via», ha ricordato, «un’altra donna è rimasta accanto a me mentre cercavo di sciacquarmi gli occhi senza sapere se li avrei salvati».

La sentenza che fa discutere: “Poteva lavarsi”

Il processo si è concluso con una condanna a tre anni di reclusione, dopo la riqualificazione del reato iniziale. L’aggravante della premeditazione è stata esclusa, e l’accusa di “tentata deformazione permanente del viso” è stata trasformata in tentate lesioni gravissime. Anche lo stalking è stato derubricato a minacce.

Una decisione che ha ferito Gisella più dell’acido che ha rischiato di devastarle il volto. «La sentenza dice che mi sono potuta lavare grazie al lavandino. Ma come si può dire una cosa del genere? Mi sono sentita sminuita. Come se il fatto che io mi sia salvata da sola rendesse tutto meno grave». A 63 anni, dopo un mese di stop e un percorso psicologico obbligato, è tornata al lavoro, ma la paura non se ne è mai andata. «Esco prima che faccia buio, non sto mai sola. Ogni giorno penso che possa entrare da quella porta e finire ciò che non ha portato a termine».

La revoca dei domiciliari: “Ora può tornare qui. La giustizia non è con me”

Negli ultimi giorni il giudice ha disposto la revoca dei domiciliari per l’uomo, motivandola con il suo comportamento “collaborativo” durante la misura cautelare, il percorso di recupero avviato e il versamento di altri 4mila euro come risarcimento parziale. “Prova del positivo percorso di rielaborazione critica” – si legge nel dispositivo del Gip. Una decisione che ha gettato Gisella Boldini in uno stato di angoscia profonda: «Già prima non ero tranquilla. Sapere che posso trovarmelo davanti da un momento all’altro mi toglie il fiato. Mi aspettavo più tutela, più protezione. Ora mi guardo sempre attorno. Ho timore anche quando vedo un’auto simile alla sua».

L’uomo, secondo quanto emerso dalle indagini, aveva più volte minacciato la parrucchiera nei mesi precedenti, scrivendole anche l’intenzione di accecarla. «Non è stato un raptus», ribadisce lei. «Ha ragionato su quello che ha fatto. Io non mi sento difesa dallo Stato. Lui può muoversi, io invece continuo a vivere come prigioniera di un incubo».

Una violenza fermata solo dall’intervento dei passanti

Quel giorno, le urla di Gisella e della cliente richiamarono i frequentatori del bar accanto, che riuscirono a bloccare l’uomo fino all’arrivo della polizia. La donna venne poi medicata all’ospedale Castelli di Verbania e ascoltata dagli investigatori: raccontò di una relazione breve, finita un mese prima dell’aggressione. “Mi ha lasciato lui all’improvviso perché si sentiva messo da parte. Poi ha cambiato idea ma per me la relazione era chiusa. La situazione è precipitata l’8 dicembre quando sono iniziate le minacce”.

Un crescendo di messaggi di WhatsApp in cui si faceva riferimento all’acido ed alla perdita della vista. Una fine che lui non aveva accettato, trasformandola in un crescendo di minacce culminate nell’attacco con l’acido. “Mi ha anche picchiato e temevo che mi sfregiasse con il rasoio che aveva in mano”.

Adesso, mentre attende che la giustizia faccia il suo corso, Gisella prova a convivere con un trauma che non smette di riaffiorare. «Ho ricominciato a lavorare, sì, ma nessuno immagina le ferite che non si vedono. Quelle che non guariscono».

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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