Analisi sui tatuaggi della donna
Un caso che scuote Roma e accende i riflettori su una realtà nascosta e dimenticata. Sabato pomeriggio, all’interno del parco di Villa Pamphili, due corpi senza vita: quello di una donna, in avanzato stato di decomposizione, e quello di una neonata di sei mesi. Gli inquirenti indagano per duplice omicidio.
I ritrovamenti
La piccola è stata trovata a circa 200 metri dalla donna, presumibilmente la madre, nei pressi dell’ingresso di via Leone XIII. Secondo le prime risultanze dell’autopsia, la bambina potrebbe essere stata soffocata – forse strangolata – e il decesso sarebbe avvenuto meno di 24 ore prima del ritrovamento. Il cadavere della donna, coperto da una busta nera e adagiato vicino ad alcuni oleandri, risulterebbe invece lì da diversi giorni, complice anche il caldo torrido che ne ha accelerato la decomposizione.
Alcuni tatuaggi, presenti sul corpo adulta trovata morta dietro il cespuglio di oleandri a Villa Pamphili, sono oggetto di verifiche da parte della polizia scientifica della questura di Roma e potrebbero contribuire a confermare l’identità della donna
Nessun segno di violenza, ma l’ombra della droga
Sul corpo della donna, di circa 40 anni, non sono state rilevate lesioni esterne evidenti. Gli esami tossicologici, già disposti, potrebbero chiarire se il decesso sia stato causato da overdose. Prelevati campioni biologici per il test del DNA, che confermeranno l’eventuale legame di parentela tra le due vittime. Quanto alla neonata, saranno necessari ulteriori esami istologici per stabilire con certezza la causa del decesso.
Una vita di stenti tra i giardini della capitale
Secondo una prima ricostruzione, madre e figlia vivevano da tempo in un giaciglio di fortuna dentro il parco. La presenza di accampamenti abusivi, specialmente nella zona più fitta della vegetazione, è un fenomeno noto ma spesso ignorato. Testimonianze parlano di insediamenti sotto il ponte pedonale di via Leone XIII e nelle aree meno battute.
L’appello della Caritas: “Sconfitta di tutti”
Giustino Trincia, direttore di Caritas Roma, ha parlato di “una tragedia che pesa come un macigno”. “Non basta più voltarsi dall’altra parte. Le istituzioni devono rafforzare la rete di protezione sociale, ma serve anche un coinvolgimento collettivo”.