Le parole dell’ex pr: ‘Nessun ricatto, nessun messaggio. Io non c’entro’
Federico Monzino, ex pr milanese di 29 anni, rompe il silenzio e lo fa attraverso una nota ufficiale dei suoi legali: «Non sono io l’autore dei messaggi inviati a Raoul Bova. Fabrizio Corona è l’unica persona a cui ho inoltrato le chat e gli audio in questione».
Una difesa netta, quella di Monzino, che si trova al centro dell’indagine esplosa dopo la pubblicazione di contenuti vocali a sfondo intimo dell’attore Raoul Bova, resi pubblici il 21 luglio sul sito Falsissimo, riconducibile proprio a Corona.
L’inchiesta della Procura di Roma è ancora in fase iniziale, ma la polizia postale ha già trasmesso un’informativa che include elementi di interesse che vedono il 29enne al centro dell’inchiesta. Monzino ha ribadito che non gli è stato notificato alcun avviso di garanzia.
Il nodo: i messaggi anonimi e il numero spagnolo
Secondo quanto trapelato dagli ambienti investigativi, i primi messaggi ritenuti ricattatori sarebbero arrivati a Bova all’inizio di luglio da un numero spagnolo. Messaggi che informavano l’attore dell’esistenza di audio e chat private. Solo successivamente, quegli stessi file sarebbero arrivati a Corona per la pubblicazione.
Resta da chiarire chi fosse il mittente originario. È proprio su questo punto che Monzino prende le distanze: «Non ho nulla a che fare con quei messaggi. Non li ho mai inviati».
Ceretti: “Li ho girati a Monzino in buona fede”
Coinvolta nel caso anche la modella 23enne Martina Ceretti, destinataria originale degli audio inviati da Bova. La giovane ha ammesso di aver inoltrato i file a Monzino, suo amico, ma senza alcuna intenzione malevola. Lo ha dichiarato durante un’audizione con gli investigatori, che hanno sequestrato anche il suo cellulare.
Monzino, da parte sua, non nega la ricezione, ma precisa: «Li ho girati a Corona per aiutare Martina a farsi notare. Non c’era altro scopo».
Gli elementi nelle mani degli inquirenti
Gli inquirenti stanno attualmente analizzando i contenuti dei telefoni di Monzino e Ceretti, incrociando date di invio, ricevuta e successiva pubblicazione. In parallelo, è stata acquisita la testimonianza di Fabrizio Corona, che dovrà chiarire come abbia ottenuto i file, se fosse a conoscenza della loro origine e se chi glieli ha forniti fosse consapevole delle conseguenze.
Monzino non è indagato, ma l’indagine prosegue
Al momento la Procura di Roma mantiene l’impianto dell’indagine aperto senza iscritti nel registro degli indagati. Tuttavia, la tentata estorsione rimane l’ipotesi principale, anche se sarà compito degli investigatori determinare se le intenzioni reali corrispondano a un piano ricattatorio, o se si tratti di un caso di diffusione illecita dei contenuti senza fini estorsivi.
Quali reati sono al vaglio: privacy, estorsione, ricettazione?
Oltre alla tentata estorsione, che rimane il reato-chiave ipotizzato finora, l’inchiesta potrebbe estendersi anche alla violazione della privacy, alla ricettazione o ad altri illeciti legati alla gestione dei contenuti digitali. L’analisi forense dei telefoni sequestrati sarà decisiva.
Gli scenari ancora da decifrare
La posizione di Monzino si basa su una linea difensiva semplice ma chiara: non ha inviato i messaggi minatori e ha girato i file solo a Corona, senza immaginare un’escalation mediatica e giudiziaria. La sua versione ora è agli atti. Tocca alla Procura verificare se regge di fronte all’incrocio di dati e cronologie.
La domanda che guida l’indagine resta la stessa: chi ha materialmente minacciato Bova, e chi ha avviato la catena che ha portato alla pubblicazione dei file?