Carlo RicchettiCarlo Ricchetti

Carlo Ricchetti stroncato da un terribile male a 55 anni

Si è spento a 55 anni Carlo Ricchetti, uno dei volti più amati della Salernitana degli anni d’oro, quella allenata da Delio Rossi capace di portare la città dalla Serie C alla Serie A. Una notizia che ha travolto di commozione l’intero ambiente granata, dai vecchi compagni di squadra ai tifosi che ancora oggi, a distanza di trent’anni, ricordano i suoi movimenti taglienti, le sue corse diagonali e la canzoncina che riecheggiava sotto la Curva Sud: “Ricchetti la, la la… Ricchetti s’accentra e crossa… Pisano gol”.

Straordinario interprete e arma in più del 4-3-3 di Delio Rossi

Ricchetti era soprannominato “il Re del Taglio”, un titolo conquistato sul campo grazie a un’intelligenza tattica rara e a quel movimento dall’esterno verso il centro che mandava in crisi ogni difesa. Nei cinque anni vissuti con la maglia granata, dal 1993 al 1998, fu protagonista assoluto di due promozioni storiche: quella in Serie B nel 1994 e quella in Serie A nel 1998, entrambe sotto la guida di Rossi.

In 157 partite ufficiali mise a segno 25 gol, ma il suo contributo andava ben oltre le reti: era l’uomo che apriva gli spazi, che cuciva le azioni, che sapeva leggere le partite un secondo prima degli altri. Fu lui a dare forma, insieme a Breda, Artistico, Di Vaio e Pisano, a quella Salernitana che ancora oggi vive nei racconti dei tifosi come Rossilandia, un piccolo miracolo calcistico costruito con talento, sacrificio e orgoglio.

La Salernitana, in un comunicato ufficiale, ha espresso “profondo cordoglio e vicinanza alla moglie Antonella, ai figli e a tutta la famiglia”, ricordando Ricchetti come “un uomo mite, buono e riservato fuori dal campo e un campione dentro, protagonista di pagine indimenticabili della nostra storia sportiva”.

La scoperta del terribile male, gli ex compagni devastati

A confermare la gravità del quadro clinico e la lotta affrontata negli ultimi mesi è stato Mirko Cudini, ex compagno e oggi allenatore:

“Dopo l’ultima esperienza a Foggia, un anno fa, Carlo ha scoperto della sua malattia. Siamo rimasti in contatto durante questo periodo, erano un paio di mesi che non lo sentivo. Ieri si è aggravata in modo irrecuperabile la situazione.”

Il suo nome è tornato sulle labbra di tutti anche grazie agli altri protagonisti di quell’epoca irripetibile. Artistico, Di Vaio, Rachini, Grimaudo, Breda, Pisano e Tudisco hanno appreso con dolore la notizia, in molti ricordando come Ricchetti fosse “un esempio di serietà, dedizione e silenziosa leadership”. Rachini, in particolare, aveva mantenuto i contatti aggiornando diversi ex compagni sulle condizioni di salute dell’amico, fino al tragico epilogo.

Anche Delio Rossi, l’allenatore che più di tutti ne valorizzò le qualità, è rimasto profondamente scosso dalla notizia. Fu lui, a metà anni Novanta, a intuire che quel movimento a rientrare poteva diventare una chiave tattica devastante. Ricchetti, con il suo modo di accentrarsi e servire assist chirurgici, divenne un perno insostituibile in quella macchina perfetta che riportò la Salernitana tra le grandi del calcio italiano.

Dal campo alla panchina

Dopo il ritiro, Ricchetti intraprese la carriera da allenatore, prima nel settore giovanile granata (stagione 2005/06) e poi come vice o collaboratore tecnico negli staff dei suoi ex compagni, tra cui Roberto Breda e lo stesso Mirko Cudini. Sempre lontano dai riflettori, fedele a quel carattere riservato che lo aveva distinto anche da calciatore, continuò a vivere il calcio con passione autentica e discrezione.

Il suo legame con Salerno, però, non si è mai spezzato. Ogni volta che tornava all’Arechi, la curva lo accoglieva come un figlio di ritorno. E oggi quella stessa curva, che per anni lo ha celebrato con cori e applausi, gli dedica un ultimo canto.
Perché il “Re del Taglio” non è stato solo un giocatore: è stato un simbolo di un calcio che sapeva emozionare.

E in fondo, come cantava la Sud, “Ricchetti la, la la… Ricchetti s’accentra e crossa…”, anche adesso, in quel passaggio eterno tra campo e memoria, c’è sempre qualcuno pronto a dire: “Pisano gol”.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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