Il nonno materno pronto a incontrare il 17enne di Paderno DugnanoIl nonno materno pronto a incontrare il 17enne di Paderno Dugnano

È arrivata la sentenza per Riccardo Chiarioni, il giovane che tra il 31 agosto e il 1° settembre 2024, a soli 17 anni, ha ucciso con 108 coltellate il padre Fabio (51 anni), la madre Daniela (48) e il fratellino Lorenzo, di appena 12 anni. Il Tribunale per i minorenni di Milano ha condannato il ragazzo a 20 anni di reclusione, la pena massima prevista in ambito minorile con il rito abbreviato.

Nessun vizio parziale di mente: per i giudici era capace di intendere e volere

La decisione è stata presa dopo quasi dieci ore di camera di consiglio dalla GUP Paola Ghezzi, che ha rigettato la perizia psichiatrica della difesa secondo cui il ragazzo avrebbe agito in preda a un disturbo mentale. Il tribunale ha riconosciuto due attenuanti generiche (età e personalità), ma ha stabilito che Chiarioni era capace di intendere e volere e che ha agito con continuità e consapevolezza nell’eliminare ogni membro della sua famiglia.

L’orrore raccontato dal killer: “Volevo diventare immortale, cancellare la mia vita”

Durante gli interrogatori, Chiarioni ha descritto con freddezza il piano messo in atto nella villetta di famiglia a Paderno Dugnano. Dopo la festa di compleanno del padre, ha atteso che tutti dormissero, poi ha colpito il fratellino nel sonno. I genitori, accorsi alle grida, sono stati a loro volta assassinati. “Volevo essere immortale”, ha detto il ragazzo ai giudici. “Dovevo liberarmi di tutto per rinascere”.

Secondo la perizia, viveva in una sorta di mondo parallelo, fatto di allucinazioni e deliri di onnipotenza. Ma il giudice ha deciso che quel mondo era sufficientemente razionale da configurare una piena responsabilità penale. Dopo il delitto, Riccardo chiamò le forze dell’ordine e si fece trovare seduto fuori dall’abitazione con il coltello in mano, sporco di sangue.

La difesa annuncia il ricorso: “Sentenza durissima, non accettabile”

L’avvocato Amedeo Rizza ha annunciato immediatamente ricorso in appello: “È una sentenza che non possiamo accettare. La gravità dei fatti non è in discussione, ma ci sono elementi psichiatrici che non sono stati tenuti in conto a sufficienza”.

Nel frattempo, il giovane – oggi 18enne – è detenuto nel carcere minorile di Firenze, dove ha iniziato un percorso di recupero psicologico. I nonni, pur distrutti dal dolore, hanno ribadito che non lo abbandoneranno mai.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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