'Vittima dei bulli', Paolo si è tolto la vita a 15 anniLa rabbia dei genitori di Paolo Mendico

Perché nessuno ha fermato i bulli? La rabbia di una famiglia e una comunità che si divide

La storia di Paolo Mendico, il 15enne di Santi Cosma e Damiano che si è tolto la vita dopo anni di bullismo, non è solo un dramma personale e familiare. È uno specchio crudele che riflette indifferenza, omertà e superficialità. Perché, anche dopo la morte, il silenzio e i gesti mancati pesano come macigni.

Simonetta, la madre, ha affidato a Facebook un video tenero e straziante: Paolo che spegne le candeline. “Le parole possono essere carezze, oppure pugni. Paolo ne ha ricevuti troppi”. In quella frase c’è tutto il dolore di un’adolescenza consumata tra battute, silenzi e sguardi ostili.

L’amore che non basta

“Era un bambino bellissimo, dolce, amato. Ma dentro portava un dolore che non abbiamo saputo leggere”, racconta la madre. Parole che rivelano una ferita insanabile: la convinzione di non essere riusciti a proteggere chi più si ama.

Il padre non nasconde la rabbia: “Avevo chiesto aiuto ai genitori dei bulli, non hanno fatto nulla”. Quella richiesta inascoltata oggi pesa come una condanna morale.

La scena al funerale: un paese che si divide

Ma ciò che indigna è quanto avvenuto durante l’ultimo saluto. Pochi i ragazzi presenti, alcuni dei quali ridevano come se fossero a una festa. Nessuno dei genitori dei presunti bulli si è avvicinato per porgere condoglianze.

Per la famiglia Mendico, questo silenzio non è solo indifferenza, ma “una dimostrazione di malafede”. Come se la comunità avesse preferito girare lo sguardo, rimuovere la responsabilità.

La scuola e gli anni di vessazioni

Secondo i genitori, Paolo subiva atti di bullismo già dalle elementari, protrattisi fino al liceo. All’Istituto Pacinotti, i compagni di classe sarebbero stati quattro: sempre gli stessi, sempre impuniti. Eppure nessuno avrebbe fatto abbastanza per interrompere il meccanismo di violenza.

La morte di Paolo è arrivata il giorno prima del rientro a scuola: un dettaglio che racconta quanto fosse profondo il timore di tornare tra i banchi.

Una fiaccolata per non dimenticare

Domani la comunità si radunerà in una fiaccolata. Dal piazzale dei carabinieri fino al santuario, il corteo porterà un messaggio di vicinanza. Un gesto necessario, ma che non cancella il senso di vuoto lasciato da un ragazzo che non ce l’ha fatta.

La politica interviene

Il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, ha promesso verità: “Il bullismo va stroncato sempre e comunque. Dobbiamo difendere i più fragili”. Ma la famiglia Mendico chiede fatti, non solo parole.

Il segno che resta

“Le parole fanno male, più delle mani. E Paolo ne ha ricevute troppe”, ha scritto Simonetta. Quel dolore non riguarda solo un figlio perso, ma un’intera società che troppo spesso minimizza o ignora i segnali.

Paolo non tornerà. Ma la sua storia chiede risposte: chi sapeva e ha taciuto? Perché non si è intervenuti? La memoria non può essere un atto dovuto: deve diventare un impegno collettivo.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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