Il Sole 24 Ore: ‘Nel 2050 il limite salirà a 68 anni e 11 mesi’
Il futuro previdenziale degli italiani si allontana sempre di più. Secondo le proiezioni elaborate dalla Ragioneria Generale dello Stato e riportate dal Sole 24 Ore sulla base delle stime Istat al 2050, l’età per il pensionamento di vecchiaia è destinata ad aumentare in modo significativo nei prossimi decenni. Se oggi il limite è fissato a 67 anni, dal 2050 si salirà a 68 anni e 11 mesi per uomini e donne, fino ad arrivare a quota 70 anni nel 2067.
Un quadro che fotografa un’Italia sempre più anziana e con un sistema pensionistico progressivamente appesantito dal calo demografico e dalla riduzione della popolazione in età lavorativa.
Inverno demografico e vita più lunga: la combinazione che spinge l’età pensionabile
Le stime indicano che entro il 2050 oltre un italiano su tre avrà più di 65 anni (34,6% rispetto al 24,3% attuale). Nello stesso periodo, la fascia di popolazione attiva (15-64 anni) scenderà dal 63,5% al 54,3%. Un trend che conferma il progressivo invecchiamento della popolazione, aggravato dal basso tasso di natalità e da anni di saldo demografico negativo.
Allo stesso tempo, aumenta la speranza di vita: nel 2050 gli uomini arriveranno in media a 84,3 anni e le donne a 87,8 anni. A 65 anni si prevede che un uomo vivrà in media altri 21,5 anni e una donna altri 24,4 anni. Numeri che da un lato confermano i progressi della medicina e della qualità della vita, ma dall’altro pongono forti pressioni sui conti dell’INPS, spingendo così verso l’innalzamento dell’età pensionabile.
Più anziani al lavoro: nel 2050 crescerà l’occupazione over 55
Secondo le previsioni, nei prossimi 25 anni aumenterà la partecipazione al mercato del lavoro delle fasce più mature. Il tasso di attività tra i 55 e i 64 anni passerà dal 61% al 70%, mentre tra i 65 e i 74 anni salirà dall’11% al 16%. Nel complesso, il tasso di attività tra i 15 e i 74 anni raggiungerà il 62% nel 2050, rispetto al 58% del 2024.
Crescerà anche la partecipazione femminile al lavoro: dal 49,4% odierno salirà al 55%, riducendo ma non annullando il divario con gli uomini, che raggiungeranno il 68,3%.
Sorpasso storico: dal 2038 più donne attive che inattive
Un dato significativo riguarda il ruolo delle donne nel mercato del lavoro. Estendendo l’età considerata fino ai 75 anni, si prevede che intorno al 2038 la popolazione femminile attiva supererà quella inattiva. Un cambiamento dovuto in particolare alle generazioni del baby boom (i nati tra gli anni ’50 e ’60) che oggi sono ancora nel pieno dell’età lavorativa ma che nel 2050 avranno tra i 76 e i 90 anni, uscendo definitivamente dal mondo del lavoro.
Pensioni sempre più lontane
Il messaggio che emerge è chiaro: senza una riforma strutturale del sistema previdenziale, la pensione rischia di diventare un miraggio per le nuove generazioni. La combinazione tra calo demografico, aumento della longevità e contrazione della popolazione attiva renderà necessario lavorare più a lungo e con contributi più robusti.
Una prospettiva che mette sotto pressione non solo i conti pubblici, ma anche il futuro dei giovani e delle famiglie italiane.