Veronica PignataVeronica Pignata

La gioia della nascita, poi il buio

Veronica Pignata, 32 anni, alla seconda gravidanza, partorisce venerdì sera, 5 dicembre, con cesareo programmato. Parto regolare, nessuna complicazione rilevata, nessun segnale d’allarme. Allatta suo figlio, lo stringe, lo guarda con l’euforia e la stanchezza del momento più potente della vita. Poi, attorno alle due del mattino, nel silenzio della degenza post parto, qualcosa si spezza. La chiamata d’emergenza, l’arrivo in corsa dei due anestesisti e del ginecologo, le manovre di rianimazione. L’arresto cardiaco è improvviso, violento. Veronica non si riprende più.

La maternità si trasforma in lutto, la nascita diventa trauma collettivo. Nella notte in cui il suo bambino comincia a respirare il mondo, la sua giovane madre lo lascia.

Il fascicolo della Procura: «Per ora contro ignoti»

Il procuratore di Varese, Antonio Gustapane, comunica l’apertura dell’indagine. Fascicolo per ora contro ignoti, tecnicamente configurato come omicidio colposo. La pm Marialina Contaldo dispone subito il sequestro della cartella clinica e l’autopsia all’ospedale di Circolo. È la giustizia che deve interrogare la medicina: cosa è accaduto tra le 20, ora del parto, e le 2, ora del collasso? Cosa non è stato visto, registrato, previsto?

La Asst dei Sette Laghi avvia parallelamente un’inchiesta interna e si unisce al cordoglio. Nessuna accusa prematura, ma la necessità di nomi, protocolli, risposte.

La comunità si ferma, il calcio tace

Malgesso è piccolo, il dolore no. Il sindaco Giuseppe Iocca non riesce a contenere lo sgomento: «In questo periodo in cui ci avviciniamo al Natale, apprendere che una giovane mamma è mancata dopo aver dato alla luce il proprio bambino è sconvolgente». Non retorica istituzionale, ma verità che lacera.

Il marito, Giorgio Cizzico, giocatore del Mercallo, dovrebbe scendere in campo domenica. Non lo farà. La partita viene rinviata. Tutte le categorie locali osservano un minuto di silenzio. Il calcio dilettantistico, fatto di spogliatoi umili e fango sui tacchetti, diventa comunità umana, si stringe attorno a un compagno che oggi non ha più parole.

La domanda che nessuno può ignorare

Una donna giovane, sana, assistita in un reparto specializzato, muore poche ore dopo un cesareo definito privo di complicazioni. È un evento che la clinica chiama “imprevedibile”, ma che il Paese non può archiviare senza spiegazioni.

L’arresto cardiaco post parto non è fantasma statistico né fatalità da rosario; è un evento che va decodificato, senza caccia alle streghe ma senza normalizzazione.

La nascita dovrebbe essere zona protetta. E se non lo è, lo Stato deve rilevare, correggere, prevenire.

Un nome, non un caso

Veronica Pignata lascia un neonato che non conoscerà la sua voce e una famiglia che, nel momento in cui avrebbe dovuto fotografare sorrisi e festeggiare fiocchi azzurri, compila esposti, aspetta referti, chiede verità. Il suo nome non può restare un numero nei registri della mortalità materna.

La morte dopo il parto non è una notizia tecnica, è un patto sociale infranto. Ogni verifica clinica e giudiziaria dovrà essere all’altezza della promessa che facciamo a chi entra in ospedale per mettere al mondo un bambino: sicurezza, presenza, monitoraggio, prevenzione del rischio.

Oggi Malgesso piange, il calcio si ferma, la magistratura indaga, i medici tacciono e producono carte. Il bambino respira. E il Paese aspetta risposte.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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