Il silenzio dei motori, l’Italia perde uno dei suoi narratori più autentici
È morto a 84 anni Andrea de Adamich. Un nome che per molti significa benzina, coraggio e domeniche davanti al televisore. Nato a Trieste nel 1940, cresciuto tra il rumore dei motori e l’eleganza della guida pulita, de Adamich non è stato solo un pilota di Formula 1. È stato un ponte tra due mondi: quello ruggente delle piste e quello nascente dell’intrattenimento televisivo.
In un’epoca in cui i piloti erano uomini di ferro, senza cinture sofisticate o simulatori, lui correva per Ferrari, McLaren, Alfa Romeo, March, Surtees e Brabham. In Formula 1 arrivò nel 1968, dopo i successi in Formula 3 e nei campionati Turismo europei. La sua carriera si spezzò sul circuito di Silverstone, nel 1973, in un incidente spaventoso che coinvolse dieci vetture. Restò intrappolato un’ora tra le lamiere della sua Brabham, con entrambe le gambe fratturate. Ma non smise di appartenere ai motori.
Dalle piste alla televisione: l’uomo che ha portato i motori nel salotto degli italiani
Negli anni ’80, mentre l’Italia scopre le TV private e la concorrenza alla Rai, Fininvest cerca volti nuovi. De Adamich porta con sé qualcosa che nessuno aveva: la competenza tecnica del pilota e il tono calmo dell’uomo che ha visto la morte a 300 all’ora.
Nasce così la seconda vita di Andrea de Adamich. A Canale 5 e Italia 1 diventa il volto di “Grand Prix”, il programma che educa gli italiani a conoscere i motori. Mentre altri urlano, lui spiega. Mentre altri spettacolarizzano, lui racconta. Il pubblico lo ama proprio per questo: per la credibilità, per il rispetto verso il pubblico, per quell’eleganza sobria da tempi che non ci sono più.
“Era un ambasciatore del motorismo italiano”, ha scritto Luigi Zironi, sindaco di Maranello e presidente dell’Associazione Città dei Motori. Con la sua voce ha accompagnato generazioni, insegnando che il rombo di un motore è cultura, ingegno, storia industriale del Paese.
Il cordoglio del mondo dei motori e della televisione
Dalla sua Trieste alla Motor Valley emiliana, la notizia della sua morte ha acceso un sentimento comune: rispetto. A Varano de’ Melegari, dove aveva fondato una Scuderia e trascorso anni di lavoro e affetti, il suo nome è legato all’autodromo “Riccardo Paletti”. Lì, dove i giovani piloti imparano a sfidare la velocità, Andrea era qualcosa di più di un ex campione: era un riferimento.
“Perdiamo un grande protagonista della storia sportiva italiana – ha aggiunto Zironi – resta vivo l’esempio della sua professionalità”. Parole sobrie, come lo era lui. Il mondo dell’automobilismo lo saluta come un gentiluomo del volante; quello della televisione come un pioniere capace di trasformare un rumore in un racconto.
Un’eredità di stile e passione
Andrea de Adamich non è stato il campione dei titoli mondiali, ma il campione dell’autenticità. In pista ha mostrato che il coraggio non è solo vincere, ma rialzarsi. In televisione ha dimostrato che raccontare lo sport significa farlo capire, non urlarlo.
Resta l’immagine di un uomo che non ha mai tradito la sua idea di eleganza: quella che si vede nei gesti misurati, nella voce calma, negli occhi di chi ha attraversato il fuoco ma non ha perso umanità.
E forse il suo più grande insegnamento è proprio questo: le corse finiscono, ma il modo in cui le racconti può diventare immortale.

