Giorgio Frassati e Carlo AcutisGiorgio Frassati e Carlo Acutis

La canonizzazione in Piazza San Pietro

Domenica 7 settembre, Piazza San Pietro accoglierà migliaia di fedeli, delegazioni e comunità cattoliche provenienti da tutto il mondo per la canonizzazione di due figure molto amate: Carlo Acutis e Pier Giorgio Frassati. Due ragazzi della porta accanto, morti giovanissimi – il primo a soli 15 anni a causa di una leucemia fulminante, il secondo a 24 anni per una poliomielite – che hanno lasciato una traccia profonda per la loro fede semplice, la vicinanza agli ultimi e la capacità di vivere con autenticità.

Papa Leone XIV ha scelto di proclamarli santi insieme, sottolineando come la santità non sia un ideale lontano e irraggiungibile, ma qualcosa che può incarnarsi nella vita quotidiana, tra i banchi di scuola, nello sport e nelle passioni di ogni ragazzo.

Due studenti non “secchioni”

Sia Carlo che Pier Giorgio hanno frequentato scuole dei gesuiti, lasciando ricordi vivissimi nei loro professori. Carlo Acutis, soprannominato il “patrono di Internet” per la sua passione per l’informatica e per la fede vissuta anche online, non era un alunno modello in tutte le materie. Maria Capello, professoressa di matematica al Leone XIII di Milano, ricorda:
“Non era particolarmente appassionato alla mia materia. A volte non faceva i compiti perché aveva altri impegni… che poi ho scoperto essere opere di bene. Alla fine dell’anno gli diedi 5: ho dato 5 a un santo!”.

Anche i suoi docenti di italiano lo descrivono come un ragazzo normale, bravo nelle materie umanistiche, curioso, con una grafia minuta e una scrittura già matura. Non mancavano però i ritardi e qualche distrazione, segni della sua quotidianità di adolescente.

Pier Giorgio Frassati, appassionato alpinista e sciatore, non era da meno nelle difficoltà scolastiche: venne bocciato due volte in latino al liceo Massimo d’Azeglio di Torino, salvo poi cambiare istituto. Una lettera al padre, in cui prometteva di riscattarsi e non arrendersi, divenne il segno del suo carattere combattivo e del suo motto: “Vivere, non vivacchiare”.

La fede incarnata nel quotidiano

I ricordi dei professori e dei compagni delineano due figure che non vivevano la religione come un fatto separato, ma come qualcosa di intrecciato alle relazioni di tutti i giorni.

Carlo, oltre allo studio, si dedicava al volontariato: donava sacchi a pelo ai senzatetto, condivideva coperte, regalava un sorriso a chi non ne aveva bisogno materialmente. Con i compagni, partecipò anche a un concorso scolastico realizzando un video sul volontariato: non vinsero, ma la sua capacità di coinvolgere tutti fu notata.

Pier Giorgio, cresciuto all’Istituto Sociale dei gesuiti a Torino, trovò nella preghiera quotidiana e negli Esercizi Spirituali momenti decisivi per il suo cammino di fede. La sua spiritualità era concreta: amava la montagna, ma anche la carità vissuta tra i poveri della città.

La normalità che spiazza

Entrambi, raccontano i testimoni, erano ragazzi normali, con passioni comuni: lo sport, l’amicizia, il desiderio di vivere pienamente. Eppure, proprio questa normalità è ciò che rende la loro santità ancora più vicina e “inquietante”.

“Non tutti i compagni accolsero bene la notizia del processo di canonizzazione di Carlo – ricorda un suo professore –. La santità di un coetaneo mette addosso inquietudine: è più facile pensare a santi lontani, non al compagno di banco”.

Una testimonianza universale

La canonizzazione di Acutis e Frassati è un evento che parla soprattutto ai giovani: dimostra che si può vivere la fede senza rinunciare alla vita di tutti i giorni, senza essere “perfetti” agli occhi del mondo.

Carlo con i suoi computer e le sue passioni digitali, Pier Giorgio con la corda da alpinismo e gli sci ai piedi: due immagini apparentemente lontane che si incontrano ora nella gloria degli altari, come testimoni di una fede che non toglie nulla alla vita, ma la rende più piena.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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