Caso Mario Biondo, la giustizia spagnola ammette gli errori ma non riapre l’inchiesta: “Non fu suicidio, ma non si indagherà”
Dodici anni dopo la morte del cameraman Mario Biondo, trovato impiccato nel suo appartamento di Madrid nel maggio 2013, il suo nome torna a scuotere i tribunali spagnoli.
L’Audiencia Provincial di Madrid ha riconosciuto che le indagini sulla morte del giovane palermitano furono superficiali e viziate da negligenze, ammettendo per la prima volta che la pista del suicidio non è l’unica plausibile.
Eppure, nonostante questa svolta, il caso non sarà riaperto: “Il fatto è passato in giudicato”, scrivono i giudici nella loro ordinanza.
Dodici anni di battaglie: “Mario non si è suicidato”
“Questa decisione ci provoca sentimenti contrastanti: soddisfazione, gratitudine e speranza”, ha dichiarato Pippo Biondo, padre del cameraman, durante la conferenza stampa a Barcellona insieme alla moglie Santina D’Alessandro e all’avvocata Leire Lopez, dello studio Vosseler Abogados.
“Siamo felici che finalmente sia stato riconosciuto che Mario non si è tolto la vita, ma ci ferisce sapere che la giustizia spagnola non vuole più indagare”, ha aggiunto la madre, con voce ferma ma commossa.
La famiglia non ha mai accettato la tesi del suicidio. Fin dall’inizio, le anomalie sulla scena della morte — il corpo posizionato in modo innaturale, oggetti spostati, segni di colluttazione — hanno alimentato dubbi e sospetti.
Nel 2022, anche la Procura di Palermo, con una propria sentenza, aveva confermato che non si poteva escludere l’omicidio.
Gli errori nelle indagini e le prove ignorate
La decisione dell’Audiencia riconosce le negligenze della polizia madrilena nel gestire le prime fasi dell’indagine.
Secondo quanto riportato nell’ordinanza, “non furono eseguite verifiche fondamentali” su telefoni, dispositivi e tabulati delle persone vicine a Biondo, tra cui la moglie Raquel Sánchez Silva, nota presentatrice televisiva spagnola.
La difesa dei Biondo ha sottolineato che molte prove non furono mai acquisite:
- Mancata analisi dei dati digitali dei telefoni;
- Nessun rilievo approfondito sulle impronte;
- Nessuna autopsia completa secondo standard internazionali;
- Referti contraddittori sulle ferite del corpo.
“Si è indagato su una morte senza indagati”, ha spiegato l’avvocata Lopez. “Non essendoci imputati, la magistratura spagnola ha negato ogni rogatoria e molte verifiche richieste dai colleghi italiani”.
Le nuove azioni legali: “Non ci fermeremo”
Nonostante il rigetto della richiesta di riapertura, la famiglia Biondo non si arrende.
L’avvocata Lopez ha annunciato la presentazione di un “incidente di nullità” per violazione dei diritti fondamentali, primo passo per un ricorso al Tribunale costituzionale spagnolo.
Se anche questo tentativo dovesse fallire, il caso approderà davanti alla Corte Europea dei Diritti Umani.
“Ci hanno negato una giustizia completa – ha detto Pippo Biondo – ma non ci fermeremo. Vogliamo sapere chi ha ucciso nostro figlio e perché.”
Le parole del padre suonano come una promessa, dopo anni di battaglie legali e campagne mediatiche che hanno coinvolto l’opinione pubblica italiana e spagnola.
Un mistero internazionale ancora aperto
Mario Biondo, 30 anni, lavorava come cameraman per produzioni televisive di successo in Spagna. Viveva con la moglie Raquel Sánchez Silva in Calle Magdalena, nel centro di Madrid.
Il 30 maggio 2013 venne trovato morto nella sua abitazione: per le autorità spagnole fu suicidio per impiccagione, ma la famiglia non ha mai creduto a quella versione.
Negli anni, la vicenda è diventata un caso mediatico internazionale, anche grazie a documentari e inchieste giornalistiche che hanno rilanciato la pista dell’omicidio.
Oggi, la stessa giustizia spagnola riconosce di aver sbagliato, ma — paradossalmente — non potrà più indagare.
“Non smetteremo finché non sapremo la verità”
Per i coniugi Biondo, la decisione dell’Audiencia è una mezza vittoria e una profonda ferita.
“Non vogliamo vendetta – ha detto la madre Santina – ma la verità. Magari avessimo un video di quella notte. La sola cosa che so è che a mio figlio è accaduto qualcosa.”
La loro lotta continua, dodici anni dopo quella notte in Calle Magdalena.
Il nome di Mario Biondo resta inciso in una vicenda che, tra negligenze e ombre, è diventata il simbolo di quanto possa essere fragile la giustizia quando la verità resta sospesa.