Come è fuggito Elia Del Grande da Castelfranco Emilia
Con una corda improvvisata utilizzando dei cavi elettrici, si sarebbe calato dal muro di cinta della casa di reclusione di Castelfranco Emilia, in provincia di Modena. Così è fuggito Elia Del Grande, 49 anni, protagonista della tragica e ferocissima “strage dei fornai”, il triplice omicidio che nel gennaio del 1998 sconvolse Cadrezzate, nel Varesotto. Una fuga avvenuta con modalità che pongono interrogativi pesanti sulla sorveglianza all’interno di una struttura ritenuta meno rigida rispetto a un carcere tradizionale, destinata a soggetti in regime di misura di sicurezza detentiva.
Una fuga preparata nel silenzio
Secondo le prime ricostruzioni, Del Grande avrebbe intrecciato cavi elettrici ricavati da apparecchiature presenti nella struttura, costruendo una corda abbastanza resistente da consentirgli di scavalcare il muro perimetrale. Nessun complice, nessun aiuto dall’esterno: solo una pianificazione paziente e l’esecuzione nel momento giusto. Quando le guardie penitenziarie si sono accorte dell’assenza, era già troppo tardi.
Le ricerche sono immediatamente partite, coordinate da carabinieri e polizia penitenziaria. Le zone battute riguardano soprattutto i dintorni della casa di lavoro tra Modena e Bologna, ma anche il Varesotto, dove tutto cominciò ventisette anni fa.
Dalla strage al carcere: chi è Elia Del Grande
Era il 7 gennaio 1998. Elia Del Grande aveva 22 anni quando impugnò un fucile da caccia e uccise uno dopo l’altro suo padre Enea, 58 anni, sua madre Alida, 53, e il fratello Enrico, 27. Tre colpi, esplosi nella casa di famiglia sopra la panetteria di Cadrezzate. Una strage domestica, nata da conflitti familiari legati alla relazione di Elia con una giovane della Repubblica Dominicana, osteggiata dai genitori.
Dopo il triplice omicidio, fuggì verso la Svizzera. Venne fermato poco dopo e confessò senza resistenze. In primo grado fu condannato all’ergastolo; in appello la pena venne ridotta a 30 anni per il riconoscimento della semi-infermità mentale. In carcere ha scontato 25 anni. Il suo debito con la giustizia è formalmente estinto, ma per lo Stato resta un soggetto pericoloso, motivo per cui si trovava da settembre nella casa di lavoro di Castelfranco Emilia, dove avrebbe dovuto restare fino a marzo, in attesa di una nuova valutazione sulla sua capacità di reinserimento.
Un passato segnato da fughe e altre violazioni
La fuga non è un gesto isolato nella storia di Del Grande. Dopo la strage, il primo tentativo di sottrarsi alla cattura durò poche ore. Successivamente, mentre era detenuto nel carcere di Pavia, avrebbe pianificato un trasferimento in Sardegna sfruttando un permesso, ma il piano venne scoperto e fallì. Per quell’episodio fu condannato ad altri otto mesi.
Una volta uscito dal carcere principale, ha vissuto per un periodo in libertà vigilata. Ma non senza problemi: sono stati registrati episodi di furto e molestie nei confronti dei vicini. Le autorità hanno così deciso il trasferimento nella struttura modenese, una casa-lavoro pensata per detenuti che necessitano di ulteriore osservazione sociale e psicologica, ma con regole meno rigide rispetto a un penitenziario ordinario.
Il sistema penitenziario sotto accusa
La fuga ha riaperto il dibattito sulla gestione delle case di lavoro e sulla sicurezza di strutture promiscue, dove vivono persone che spesso escono quotidianamente per lavorare. Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha richiesto una relazione urgente per chiarire modalità, responsabilità e eventuali negligenze. Per molti, è inaccettabile che un uomo con un passato tanto violento abbia avuto la possibilità materiale di organizzare una fuga con strumenti rudimentali. Per altri, Del Grande aveva già scontato la sua pena e la sua presenza in un contesto a sorveglianza attenuata dimostra che il sistema lo considerava, almeno in parte, recuperabile.
Dove potrebbe nascondersi
Le ricerche continuano su più fronti. Oltre all’area fra Modena e Bologna, gli inquirenti tengono alta l’attenzione in provincia di Varese, nelle zone che Elia Del Grande conosce meglio. Viene monitorata anche la Sardegna, ricordando il tentativo di fuga passato e le ipotesi di spostamenti isolani. Non si esclude che possa cercare di lasciare l’Italia, come fece nel 1998. La sua conoscenza dei confini e i precedenti contatti potrebbero aiutarlo.
Una storia che torna a fare paura
La “strage dei fornai” è una ferita ancora aperta nella memoria collettiva. La fuga di Del Grande non è solo un fatto di cronaca giudiziaria, ma la riapertura di una storia che per Cadrezzate e per l’Italia aveva già avuto fine. Oggi quell’uomo, che ha ucciso la sua famiglia ed è stato ritenuto colpevole ma anche malato, è di nuovo libero. E lo Stato, ancora una volta, deve inseguirlo.

