Francesco Diviesti trovato mortoFrancesco Diviesti trovato morto

L’autopsia stabilirà se il 26enne sia stato ucciso e poi dato alle fiamme

La scomparsa di Francesco Diviesti, 26 anni, avvenuta lo scorso 25 aprile a Barletta, ha preso una piega drammatica. Il corpo semicarbonizzato ritrovato quattro giorni dopo in un rudere della provincia nord di Bari presenta segni compatibili con colpi d’arma da fuoco. Secondo l’Ansa, intorno al cadavere sarebbero stati ritrovati bossoli riconducibili a due armi di calibro diverso.

Cinque indagati per omicidio aggravato dal metodo mafioso

La Direzione distrettuale antimafia indaga per omicidio aggravato dal metodo mafioso. Il giovane, padre di un bimbo di nove anni e incensurato, era uscito di casa la sera del 25 aprile alle 20:30. L’ultima volta è stato ripreso da una telecamera mentre entrava nel locale che gestiva con il padre, per posare il monopattino. Dopo, più nulla.

Gli investigatori stanno cercando di stabilire se l’uomo sia stato ucciso e poi bruciato o se fosse ancora vivo quando il suo corpo è stato dato alle fiamme. Sarà l’autopsia, affidata a Sara Sablone dell’Istituto di Medicina Legale del Policlinico di Bari, a chiarire le cause e i tempi della morte.

I genitori di Francesco hanno riconosciuto alcuni oggetti personali ritrovati sulla scena del crimine, tra cui una collanina e un braccialetto. Tuttavia, sperano ancora in un errore di identificazione e che il giovane possa tornare a casa.

L’ipotesi della rissa prima della sparizione

Nel frattempo, ci sono cinque indagati, tra cui tre uomini di Barletta, un cittadino albanese e un uomo di Minervino proprietario della villa adiacente al rudere, ora sotto sequestro. L’ipotesi è che Diviesti possa essere stato coinvolto in una rissa avvenuta poche ore prima della sua sparizione, a cui avrebbero partecipato due degli indagati, già noti alle forze dell’ordine.

Il caso richiama alla memoria la sparizione irrisolta di Michele Cilli, 24enne barlettano scomparso nel 2022. Anche allora si parlò di criminalità organizzata legata allo spaccio. Per ora, non ci sono prove di un collegamento diretto tra i due casi.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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