Amina Sailouhi raggiunta da 15 coltellate da Khalid Achak
Un urlo disperato, straziante, ha squarciato il silenzio della sera a Settala, comune alle porte di Milano. «Papà, no!», ha gridato una bambina di appena dieci anni, diventata testimone diretta di un crimine atroce: l’uccisione della madre da parte del padre. È stata proprio lei, in preda al terrore, a comporre il numero del 118 e a denunciare ciò che era appena accaduto. Un atto di coraggio estremo per una creatura tanto giovane, che ha permesso l’arresto di Khalid Achak, un 50enne di origine marocchina.
Il grido disperato della figlia di Amina
I fatti risalgono a sabato scorso, quando nell’appartamento al terzo piano di una palazzina di via Cerca si è consumato il dramma. La scena che si è presentata ai carabinieri, subito accorsi dopo la chiamata della bambina, è stata devastante: la piccola era sulle scale, sporca di sangue e in evidente stato di shock. Ha ripetuto ai militari: «Mio padre ha ucciso la mamma con un coltello da cucina». Nella camera da letto, riversa sul pavimento, c’era il corpo senza vita della donna, Amina Sailouhi, in pigiama. Almeno quindici coltellate, due delle quali rivelatesi mortali.
‘Sono esploso, dopo il primo colpo non ho capito più niente’
Durante l’interrogatorio di convalida dell’arresto, il padre ha cercato di giustificare l’accaduto parlando di una lite culminata in un raptus di rabbia. «Mia moglie mi ha detto che si sarebbe ferita da sola per poi denunciarmi. A quel punto sono esploso. Dopo il primo colpo non ho capito più niente, ho un vuoto», ha dichiarato davanti al gip Emanuele Mancini. Assistito dal suo avvocato, Giorgio Ballabio, ha anche aggiunto che il matrimonio con Amina non era frutto d’amore, ma “combinato”, e che da tempo vivevano in un clima di tensione. L’uomo ha anche parlato di un’ossessione: la paura che i familiari della moglie volessero mettere le mani sui suoi beni, in Italia e in Marocco.
La denuncia per violenze domestiche
Secondo quanto emerso dalle indagini coordinate dal pm Antonio Pansa, non si trattava di una situazione familiare tranquilla. Nel novembre del 2022, la donna aveva già sporto denuncia per violenze domestiche. Aveva anche ricevuto due proposte di trasferimento in una casa protetta insieme alla figlia, entrambe rifiutate, forse per paura o per speranza che la situazione potesse migliorare. Ma quella speranza è stata spezzata nel modo più brutale.
I vicini di casa confermano che spesso si sentivano litigi e urla provenire da quell’appartamento. Un inquilino racconta che quasi ogni sabato la bimba urlava «basta, basta!». Una situazione che aveva provocato disagio ed apprensione anche ai condomini dell’appartamento di via Cerca. Spesso girava senza vestiti. Era soltanto in slip anche la sera del delitto. Avevamo paura”.
Sabato scorso, poco prima dell’omicidio, lo stesso vicino ha sentito il grido lancinante: «Papà, no!», seguito dal silenzio. In quel momento, l’uomo avrebbe strappato di mano alla figlia il telefono – un regalo della madre – e avrebbe interrotto la chiamata al 118, insultando l’operatrice.
‘Sono dispiaciuto, la vita non si toglie’
La Procura contesta al 50enne l’omicidio aggravato, commesso in stato di ubriachezza. L’uomo ha ammesso di aver bevuto quattro birre quel pomeriggio, ma ha negato problemi con l’alcol. «Sono dispiaciuto. Queste cose non si fanno, la vita non si toglie», ha detto infine, pronunciando parole che suonano vuote di fronte a un gesto irreparabile.
La bambina ora è affidata ai servizi sociali e, secondo fonti vicine alle indagini, riceverà supporto psicologico. Le autorità stanno valutando una collocazione sicura e protetta per il suo futuro. Il trauma che ha vissuto, però, la accompagnerà per sempre. Una vita spezzata, quella di Amina, e un’altra segnata per sempre, quella di sua figlia. Ancora una volta, una tragedia annunciata, maturata in un contesto di violenza domestica che troppo spesso non trova ascolto o interventi tempestivi. E intanto, in quella casa, echeggia ancora il grido straziante di una bambina: «Papà, no!».