Giada Crescenzi accusata dell’omicidio della 58enne
Un omicidio brutale, consumato nel cuore della notte tra le mura domestiche. È morta così Stefania Camboni, 58 anni, trovata senza vita giovedì 15 maggio nel suo villino a Fregene, località balneare alle porte di Roma. L’ha uccisa una raffica di coltellate, almeno venti secondo quanto stabilito dal medico legale incaricato dalla Procura di Civitavecchia. Colpi inferti con estrema violenza, di cui quattro risultati mortali, alla gola e al cuore.
La donna condivideva l’abitazione con il figlio Francesco Violoni e la nuora Giada Crescenzi, 31 anni, che è stata fermata nella serata dello stesso giorno con l’accusa di omicidio volontario aggravato. Secondo gli inquirenti, la giovane avrebbe colpito la suocera mentre dormiva, approfittando della minorata difesa della vittima e della relazione domestica che le legava.
L’autopsia: ferite profonde, segni di reazione, colpi precisi
L’autopsia eseguita sul corpo di Stefania ha rivelato ferite compatibili con una lama molto lunga e larga circa quattro centimetri. Colpi profondi, violenti, in alcuni casi slabbrati, a indicare una possibile reazione da parte della vittima nel tentativo di difendersi. Secondo il consulente medico, alcune lesioni potrebbero essere il risultato di spasmi indotti dal danneggiamento dei nervi.
Il corpo è stato rinvenuto nella camera da letto, coperto da un lenzuolo e due cuscini, particolare che, per gli investigatori, potrebbe indicare un maldestro tentativo di celare l’orrore del delitto. L’appartamento era a soqquadro, ma nulla risultava rubato. Solo il portafoglio della donna era sparito — ritrovato in seguito accanto alla sua auto, abbandonata con il posteriore dentro una cunetta.
Il furto del portafoglio e il sospetto depistaggio
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, tutto sarebbe iniziato pochi giorni prima, con il furto del portafoglio di Stefania. Una somma irrisoria — circa 50 euro in banconote — ma sufficiente a creare tensione. La sorella della vittima ha raccontato che Stefania sospettava della nuora e non lo nascondeva. È plausibile, secondo gli investigatori, che la donna abbia affrontato Giada, minacciando di rivelare tutto al figlio.
Da qui, l’ipotesi del movente. Per evitare una rottura del rapporto con Francesco, la 31enne avrebbe premeditato l’omicidio, effettuando anche ricerche online su come avvelenare una persona e su come eliminare tracce di sangue da un materasso. Il ritrovamento del portafoglio vicino all’auto della vittima sarebbe dunque un tentativo di depistaggio, per simulare una rapina finita nel sangue.
L’arresto e le prossime mosse
La coppia si era recata giovedì mattina dai carabinieri di Fregene, denunciando di aver trovato Stefania priva di vita. Tuttavia, fin da subito, gli investigatori hanno ritenuto il racconto lacunoso e sospetto, anche per via di alcune incongruenze temporali. Dopo ore di interrogatorio, è scattato il fermo per Giada Crescenzi.
La donna, ora rinchiusa nel carcere di Rebibbia, si dichiara innocente e sarà interrogata nuovamente lunedì dal magistrato titolare dell’inchiesta. A difenderla l’avvocata Anna Maria Anselmi, mentre la famiglia della vittima è assistita dall’avvocato Massimiliano Gabrielli. Entrambe le parti hanno nominato propri consulenti di parte per seguire gli sviluppi peritali.
Un dramma familiare che riapre il dibattito sui femminicidi domestici
Il femminicidio di Stefania Camboni scuote profondamente l’opinione pubblica. Una donna uccisa in casa, probabilmente da chi condivideva la sua quotidianità. Un delitto che, se confermate le accuse, si inserisce nel tragico elenco di omicidi commessi nell’ambito familiare, spesso motivati da rancori, gelosie, o da una violenza covata nel tempo e mai denunciata.
La vicenda di Fregene riaccende dunque il dibattito sulla sicurezza domestica e sull’importanza di ascoltare i segnali di disagio all’interno delle famiglie. Intanto, la comunità locale, scossa e incredula, si stringe intorno alla famiglia della vittima, in attesa di verità e giustizia.