Giuliano Saponi a Quarto GradoGiuliano Saponi a Quarto Grado

«Se quel giorno fossi morto, forse mia mamma ora sarebbe ancora viva».
Con questa frase, pronunciata con voce spezzata durante un’intervista a Quarto Grado, nel corso della puntata di venerdì 3 ottobre, Giuliano Saponi, figlio di Pierina Paganelli, ha riaperto uno dei capitoli più dolorosi della cronaca recente di Rimini. “Se collego il mio incidente in bici con la morte di mamma? Col senno di poi purtroppo sì.”.


Cosa c’è nel cellulare consegnato alla Polizia?

Saponi, accompagnato dai suoi legali Monica e Marco Lunedei, Saponi si è presentato spontaneamente negli uffici della Squadra Mobile di Rimini, in piazzale Bornaccini.
Ha portato con sé il suo telefono cellulare, convinto che all’interno possano trovarsi elementi utili alle indagini sull’omicidio della madre, avvenuto due anni fa. “Ci sono cose che valeva la pena far esaminare, non posso entrare nel merito” – ha detto il figlio di Pierina Paganelli.

Il dispositivo è stato consegnato agli investigatori, che ne effettueranno una copia forense. «Voglio fare tutto ciò che è possibile per aiutare a trovare la verità» avrebbe confidato ai suoi avvocati.
Un gesto simbolico, ma anche concreto: lo scorrere di foto, video e chat conservate nella memoria del telefono potrebbe riaccendere ricordi sepolti, frammenti di una memoria ferita ma non perduta.


L’incidente mai chiarito e l’amnesia

Saponi fu coinvolto in un misterioso incidente stradale la mattina del 7 maggio 2023.
Quell’impatto, ancora oggi senza spiegazione, lo lasciò in coma per giorni. Quando si risvegliò, la realtà che lo aspettava era devastante: sua madre Pierina era stata brutalmente uccisa.

«È stato uno choc nello choc – racconta –. Mi sono trovato a fare i conti con la perdita di memoria e con una perdita ben più grande: quella di mia madre».
Un percorso di recupero cognitivo, affrontato con l’aiuto di specialisti, gli ha permesso negli ultimi mesi di riaccendere lampi di memoria. Quei flash potrebbero ora intrecciarsi con i dati del suo cellulare e offrire agli inquirenti spunti nuovi.


Un processo e un sospettato

A due anni dal delitto, sul banco degli imputati c’è Louis Dassilva, il vicino di casa che aveva intrecciato una relazione extraconiugale con Manuela Bianchi, moglie di Giuliano Saponi.
Secondo Saponi, Dassilva avrebbe agito da solo, senza complici, in un gesto di rabbia e vendetta che avrebbe sconvolto per sempre tre famiglie.

Durante la sua testimonianza in aula, l’uomo ha ammesso di averlo osservato da lontano: «A causa dell’incidente ho perso gran parte della vista. Lo vedevo dov’era, e già quello mi ha colpito profondamente.
Provo emozioni forti quando penso a tutto ciò che ha portato a quella tragedia. Per me, lui è il colpevole».


Colpa, ricordi e una frase che pesa come una condanna

«Col senno di poi – ha confessato a Quarto Grado – ho pensato che se quel giorno fossi morto, mia madre sarebbe ancora viva.
L’ho pensato per molto tempo, e mi sono sentito colpevole. Come se il mio incidente fosse un tentativo di eliminarmi, e lei avesse pagato al mio posto».
Ma la memoria non è tornata del tutto: «Non posso dire se sia stato davvero un incidente o qualcos’altro».

Un dubbio che pesa come una seconda condanna, un nodo mai sciolto.
Chissà se dentro quel telefono ci sia la chiave per capire chi e perché lo investì quella mattina.


Il dolore di un figlio e la fede nella verità

La notizia dell’omicidio di Pierina Paganelli, ha raccontato, gli arrivò in modo surreale: «Ho capito che qualcosa non andava leggendo i messaggi nella chat del condominio. Poi mi hanno chiamato i medici del reparto, mi hanno accompagnato in un’altra stanza e lì ho visto mia sorella. In quel momento ho capito tutto».

Nonostante il dolore, Giuliano Saponi non ha mai smesso di cercare risposte.
«Ho analizzato tutto e sono convinto che una sola persona abbia commesso quel gesto tremendo», ha detto. E sulla moglie Manuela Bianchi, che aveva avuto la relazione con Dassilva, ribadisce: «Non ho mai sospettato di lei. Quando ci siamo presi una pausa, tre settimane dopo ho avuto l’incidente. Non sapevo nulla di quello che stava succedendo. Se la perdono? Penso che ci vorrà molto tempo per prendere una decisione del genere».


Un padre, una figlia e la verità che non guarisce

Commovente anche il racconto del dialogo con la figlia: «Un giorno le ho chiesto di raccontarmi tutto, solo fra noi due. Dal modo in cui mi ha parlato ho capito che stava dicendo la verità.
Ci sono cose che non puoi spiegare, ma che senti, e io ho sentito che mi stava dicendo tutto com’era andata».

Oggi, mentre attende che la giustizia faccia il suo corso, Giuliano Saponi continua a convivere con la sua doppia ferita: quella fisica, e quella dell’anima.
Due segreti intrecciati — un incidente e un omicidio — che, forse, il suo cellulare potrà finalmente aiutare a illuminare.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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