Il Presidente della Repubblica accoglie il ricorso: un gesto di civiltà e giustizia
Una decisione che fa scuola: il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha annullato un Daspo urbano e una multa inflitti a un uomo senza fissa dimora, multato nel 2019 per aver chiesto l’elemosina in modo pacifico nei pressi di un parcheggio a Verona. Un provvedimento che era stato ritenuto sproporzionato e ingiusto, impugnato con un ricorso straordinario al Capo dello Stato da parte dell’associazione Avvocato di Strada.
L’uomo era stato sanzionato con una multa da 50 euro e successivamente colpito da un Daspo urbano, che gli imponeva di abbandonare immediatamente il territorio cittadino. La sua “colpa”? Essere seduto per terra con il capo chino, silenziosamente, senza alcun atteggiamento molesto verso i passanti.
La vicenda: la multa per un gesto silenzioso
Era il 21 settembre 2019 quando la Polizia municipale di Verona, su segnalazione del custode notturno del parcheggio “Verona Centro”, intervenne sanzionando il senzatetto. Gli agenti gli contestarono un comportamento considerato “inopportuno”, nonostante non ci fosse stato alcun disturbo, aggressione o minaccia.
L’uomo, infatti, si trovava seduto a terra, in una posizione di umiltà e senza rivolgere parola ad alcuno. La decisione degli agenti, tuttavia, fu severa: oltre alla multa, gli fu notificato un Daspo urbano, che prevedeva anche un’ulteriore sanzione da 100 euro in caso di mancato allontanamento.
Il ricorso e il ruolo del Consiglio di Stato
A difendere i diritti del senzatetto è stata l’associazione Avvocato di Strada, che ha presentato un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. Il Consiglio di Stato ha preso in carico il caso e ha svolto un’analisi approfondita degli atti.
Dall’esame è emerso che l’uomo non rappresentava alcun pericolo per l’ordine pubblico e che il suo comportamento non rientrava in quelli che giustificano l’applicazione di una misura così afflittiva. La legge, ricordano i giudici, deve promuovere l’inclusione sociale, non punire chi si trova ai margini.
Le motivazioni: una visione costituzionale della dignità
Il Consiglio di Stato ha sottolineato come il provvedimento si ponesse in contrasto con i principi costituzionali, in particolare con quelli relativi alla dignità umana e alla proporzionalità dell’azione amministrativa. Punire la povertà, senza che vi siano comportamenti pericolosi o violenti, è una pratica inaccettabile e in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione.
L’intervento del Capo dello Stato ha, dunque, segnato un precedente importante e ha ricordato a tutti le responsabilità delle istituzioni nel garantire il rispetto dei diritti fondamentali, anche (e soprattutto) nei confronti dei più fragili.
Il commento di Antonio Mumolo: “Una giornata bellissima”
A commentare la notizia è stato Antonio Mumolo, presidente dell’associazione Avvocato di Strada: “Oggi è una giornata bellissima. Il nostro ricorso è stato accolto. L’uomo era stato sanzionato senza aver fatto nulla di molesto. Seduto a terra, con il capo chino, stava solo chiedendo aiuto in maniera dignitosa”.
Mumolo ha inoltre sottolineato che “la tranquillità del senzatetto non aveva impedito la Polizia di punirlo con una multa e un Daspo. Oggi, grazie all’intervento del Capo dello Stato, abbiamo ripristinato un principio di giustizia”.
Il significato più ampio del provvedimento
La revoca del Daspo e della sanzione economica va ben oltre la vicenda personale del senzatetto veronese. Rappresenta un importante segnale istituzionale contro ogni forma di criminalizzazione della povertà.
Le autorità locali dovranno ora considerare con maggiore attenzione l’equilibrio tra esigenze di sicurezza e tutela dei diritti fondamentali. La povertà non è un reato, e non deve esserlo mai.
Una lezione per il futuro
Questa sentenza costituisce un precedente che potrà essere citato in altri casi simili in tutta Italia. Per molte persone in difficoltà, una multa può rappresentare un ulteriore ostacolo nel difficile cammino verso il reinserimento. L’annullamento di un provvedimento tanto ingiusto conferma che, anche nei casi apparentemente più piccoli, la giustizia può ancora parlare con voce forte e chiara.