Accoltellamento per vendetta a MontanaroAccoltellamento per vendetta a Montanaro

Il bicchiere in faccia e lo sfregio durante la lite al bar nel 2022

Nel cuore di Montanaro, piccolo centro del Torinese, si è consumato un episodio che ha riportato l’attenzione pubblica su una vicenda risalente a tre anni fa: una donna ha accoltellato il suo aggressore per vendetta dopo essere stata sfregiata, ma – contrariamente a quanto sostenuto da diverse fonti – il fatto non rientra nella casistica del “codice rosso”. A chiarirlo è intervenuta direttamente la Procura Generale del Piemonte, guidata da Lucia Musti, che ha sottolineato come tra vittima e aggressore non esistesse alcun legame di tipo sentimentale, affettivo o familiare, presupposto fondamentale per configurare il reato come tale.

La donna, chiamata Daniela per tutelarne l’identità, fu sfregiata nel 2022 da un uomo molto più anziano di lei, Mario (nome di fantasia), durante una lite scoppiata in un bar del paese. Un gesto violento, gratuito, che le lasciò una cicatrice profonda sul volto e nell’anima. L’uomo, classe 1954, le lanciò un bicchiere in faccia, ma le conseguenze giudiziarie furono esigue. Da allora, Daniela non è mai riuscita a superare il trauma, seguita anche dal Centro Antiviolenza di Chivasso.

L’accoltellamento sotto casa dell’uomo: ‘Io ti ammazzo’

Nei giorni scorsi, però, qualcosa è scattato. Una vendetta meditata, secondo gli inquirenti. La 31enne si è presentata sotto casa dell’uomo, armata di coltello. Quando Mario ha aperto la porta, lei lo ha colpito al volto, urlando “Io ti ammazzo”. La scena, drammatica e improvvisa, ha allertato i vicini. I Carabinieri sono intervenuti rapidamente, formalizzando l’accusa di tentato omicidio nei suoi confronti. Mario è stato medicato con una prognosi di pochi giorni. Daniela è finita in carcere a Ivrea, dove attende l’udienza di convalida.

Nonostante il gesto grave e premeditato, molti sottolineano come anche Daniela resti, a tutti gli effetti, una vittima. La sua azione non può prescindere dal contesto di dolore e frustrazione accumulati in tre anni. Tuttavia, come ha ribadito la Procura, “il procedimento relativo al primo episodio di lesioni non è stato archiviato”, anzi, è tuttora in corso grazie all’attività della Procura di Ivrea, che viene descritta come “professionale e tempestiva”.

Perché non fu applicato il codice rosso

Questa precisazione è fondamentale per ristabilire la verità: non ci fu superficialità nella gestione del caso, ma l’assenza di legami affettivi ha impedito l’applicazione della procedura speciale prevista dal “codice rosso”. E ora, dopo l’episodio più recente, si apre un nuovo fronte giudiziario che dovrà tenere conto di tutti gli elementi – anche psicologici – della vicenda.

Una storia che interroga la società su come si gestiscono i traumi delle vittime e su quanto, a volte, la giustizia formale possa sembrare distante da quella percepita da chi subisce violenza.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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