A destra Diana CanevaroloA destra Diana Canevarolo

La voce del figlio: “Sono forte per lei, vogliamo giustizia”

È con voce composta ma profondamente segnata che Nicolò, il figlio di Diana Canevarolo, ha parlato davanti alle telecamere di Ore 14, su Rai 2. A pochi giorni dal ritrovamento della donna, 49 anni, agonizzante in una pozza di sangue nel cortile di casa a Torri di Quartesolo, in provincia di Vicenza, il ragazzo ha raccontato il rapporto con la madre e il desiderio irrinunciabile di verità.

«Vogliamo giustizia e che ci ridiano il corpo per un funerale decente», ha detto. Poi, ricordando una frase che lei gli ripeteva spesso: «Vestiti di bianco al mio funerale, vivi la tua vita e rendimi orgogliosa». Oggi, ammette, sta cercando di farlo.


Un rapporto profondo, senza ombre

Nelle sue parole, Diana appare come una madre premurosa e discreta, vicina senza invadere. «Mi riempiva la bottiglia per la scuola, mi portava le caramelle», racconta Nicolò. Piccoli gesti quotidiani che oggi pesano come macigni di nostalgia. Nessun conflitto reale, solo normali battibecchi.
Un legame forte, al punto che il giovane dice di sentirla ancora accanto: «Mi diceva che mi sarebbe stata sempre dietro, e io qui la sento, dietro di me».


Il ritrovamento: una scena che non trova spiegazioni

Il racconto di Nicolò è anche la prima ricostruzione diretta di quella tragica alba. La donna è stata trovata riversa nel cortile di casa, davanti ai garage, il corpo disteso e immobile, la testa coperta di sangue. Il ragazzo ha tentato le manovre di primo soccorso, ma senza risposta.
La porta, ha spiegato, era spalancata. Il telefono sul tavolo. L’ipotesi di un’uscita notturna per fumare una sigaretta o guardare i social sembra l’unico frammento di routine possibile in una dinamica che, per il resto, non trova appigli logici.


Le piste degli inquirenti: nessuna esclusa

La morte di Diana non ha ancora una causa certa. La ferita alla testa – una grave e ampia lesione cranica – potrebbe essere compatibile sia con un colpo provocato da terzi sia con una caduta accidentale.
La procura non esclude nulla: né aggressione, né incidente, né intrusione. In passato, la donna aveva notato presenze estranee nel cortile. Un dettaglio che oggi torna, inevitabilmente, nel quadro di un’indagine ancora priva di svolte.

Al momento non ci sono indagati né testimoni diretti, e la squadra mobile sta incrociando testimonianze, rilievi tecnici e cronologia degli ultimi movimenti della 49enne.

Il vicino: ‘Ho sentito una persona che offendeva un’altra, sembrava una lite’

Un vicino della vittima ha raccontato di aver sentito delle persone litigare alle 3:00 della notte del delitto. “Sono sicuro dell’orario, erano le 2:46. Ero andato in bagno e dopo qualche minuto ho sentito una voce ed ho aperto la finestra per vedere se qualcuno trafficava vicino alla macchina di mio figlio. Si trattava di qualcuno che stava offendendo un’altra persona” – ha riferito Fabio alla Vita in diretta del 9 dicembre ed a Ore 14.

“Pensavo ad un ubriaco. Quando ho aperto la finestra l’ho sentita per altri 5/6 secondi prima che si fermasse. Non ho sentito voci femminili o qualcuno che chiedeva aiuto, altrimenti avrei chiamato. Si è fermato tutto di colpo e sono tornato al letto anche perché mi sveglio presto la mattina”.


L’autopsia: attesa decisiva per sciogliere il nodo

Dopo ore di osservazione in ospedale, è stata dichiarata prima la morte cerebrale e poi quella clinica. La salma è ora sotto disposizione della procura.
L’autopsia, che verrà eseguita nelle prossime ore, è considerata cruciale: dovrà stabilire natura, direzione, forza e origine della ferita cranica. Non chiarirà tutto, ma potrà fornire un primo orientamento concreto.

Solo da quel referto, sottolineano gli investigatori, potrà iniziare davvero la decifrazione del mistero.


Una comunità sospesa, una famiglia che attende la verità

In un silenzio fatto di rispetto e inquietudine, la storia di Diana appare ancora come un puzzle senza immagine di riferimento.

Nicolò e il padre aspettano risposte e chiedono almeno ciò che può restituire dignità: un corpo su cui piangere, un ultimo saluto, un funerale voluto dalla donna stessa con parole che ora suonano come presagio e testamento affettivo.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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