Una nuova mappa delle pensioni: cosa cambia davvero
La manovra economica in arrivo al Consiglio dei ministri riscrive in modo profondo le regole del sistema previdenziale italiano. Addio a Quota 103, stop a Opzione Donna, revisione dell’Ape sociale e un progressivo allungamento dell’età pensionabile: il governo sceglie la linea della sostenibilità dei conti, ma il prezzo politico e sociale è alto.
Il messaggio è chiaro: si lavora più a lungo e con meno possibilità di uscita anticipata.
Quota 103 e Opzione Donna archiviate
Una delle novità più rilevanti è l’uscita di scena definitiva di Quota 103, misura simbolo delle precedenti stagioni politiche. Dal 2025 non sarà più possibile andare in pensione con 62 anni di età e 41 di contributi. Stessa sorte per Opzione Donna, che consentiva l’uscita anticipata alle lavoratrici con requisiti anagrafici e contributivi ridotti.
La decisione segna un cambio di paradigma: l’anticipo pensionistico non è più considerato sostenibile nel medio periodo, soprattutto in un contesto di invecchiamento della popolazione e di pressione sui conti pubblici.
Ape sociale confermata, ma con tagli
Resta in piedi l’Ape sociale, lo strumento destinato ai lavoratori impegnati in mansioni gravose o usuranti. Tuttavia, anche qui la manovra interviene in senso restrittivo: dal 2033 sono previsti tagli progressivi alle risorse, con una riduzione di 40 milioni annui per gli usuranti e fino a 190 milioni dal 2034 per i lavoratori precoci.
L’accesso resterà possibile dai 63 anni e 5 mesi, ma con una platea più ristretta e fondi sempre più contingentati.
Pensione più lontana: tre mesi in più dal 2028
Il provvedimento introduce un adeguamento graduale dell’età pensionabile all’aspettativa di vita. Non ci sarà un salto immediato, ma un percorso progressivo: un mese in più nel 2027 e tre mesi complessivi a partire dal 2028.
Una scelta che punta a evitare shock improvvisi, ma che di fatto allunga la permanenza al lavoro per milioni di italiani.
Tfr ai fondi pensione: scatta il silenzio-assenso
Dal 1° luglio, per i nuovi assunti del settore privato, il Tfr finirà automaticamente nei fondi di previdenza integrativa se il lavoratore non esprimerà una scelta esplicita entro 60 giorni. Una mossa che punta a rafforzare il secondo pilastro previdenziale, compensando la progressiva riduzione delle pensioni pubbliche.
Stop al cumulo tra Inps e fondi integrativi
Salta anche la possibilità, prevista in passato, di cumulare pensione pubblica e rendita da fondi integrativi per chi rientra nel sistema contributivo puro. Una norma che, secondo la maggioranza, aveva avuto scarso impatto ma che ora viene definitivamente archiviata.
Le reazioni politiche
Durissima la critica delle opposizioni. “È una manovra che colpisce pensionati e lavoratori, lasciando indietro i più deboli”, ha attaccato Patty L’Abbate (M5S), parlando di un’Italia “che invecchia lavorando di più e guadagnando meno”.
Il governo, dal canto suo, rivendica una scelta di responsabilità: meno scorciatoie, più equilibrio nei conti pubblici.

