La svolta nelle indagini
Un’agghiacciante confessione scuote il mondo dello sport italiano. Kevin Pellecchia, 20 anni, fermato per l’assalto al pullman dei tifosi del Pistoia Basket vicino Rieti, avrebbe ammesso durante un’intercettazione ambientale negli uffici della Questura di aver lanciato il sasso che ha causato la morte di Raffaele Marianella uno dei due autisti del bus colpito durante l’agguato di domenica scorsa sulla Salaria.
Secondo quanto riportato nelle ultime ore, durante una captazione ambientale Pellecchia avrebbe detto una frase agghiacciante agli altri ultrà fermati:
“Era quello più appuntito”.
Parole pesanti come macigni che sembrano incrinare la versione difensiva fornita in un primo momento dal ventenne, che aveva negato ogni responsabilità diretta dichiarando di non aver mai lanciato pietre.
Una dinamica da agguato organizzato
L’attacco è avvenuto in una curva isolata nelle campagne tra Terni e Rieti. Un gruppo di 12 ultrà della Sebastiani Rieti Basket ha atteso il passaggio del pullman dei tifosi pistoiesi di ritorno dalla partita. L’imboscata è stata violenta: pietre, bastoni e sassi sono stati scagliati contro il parabrezza del bus.
Uno di quei sassi ha infranto il vetro anteriore e ha colpito in pieno Marianella che era sul pullman come autista di riserva. L’impatto è stato fatale: l’uomo è morto sul colpo davanti agli occhi dell’altro autista e dei tifosi terrorizzati.
La prima versione di Pellecchia: “Non sono stato io”
Inizialmente, davanti agli investigatori, Pellecchia aveva tentato di minimizzare:
“Io non ho tirato pietre. Ho visto lanciare solo Aba e Manuel Fortuna. Sono stati loro.”
Aveva persino ricostruito il momento del lancio:
“I sassi sono stati scagliati quasi contemporaneamente. Ho sentito un colpo forte e poi un secondo, più leggero.”
L’intercettazione che cambia tutto
Poi, l’audio intercettato dagli inquirenti nella Questura. Una frase che ha ribaltato le indagini:
“Quello che ho tirato io era il più appuntito.”
Impossibile interpretazione alternativa: Pellecchia ha confessato spontaneamente, parlando con un altro ultrà convinto di non essere ascoltato.
La posizione degli altri fermati
Con Pellecchia sono stati arrestati Alessandro Barberini, 53 anni, e Manuel Fortuna, entrambi accusati insieme a lui di omicidio volontario. La loro versione è un rimpallo continuo di responsabilità:
Barberini ha dichiarato:
“Anche io ho tirato un sasso, ma era piccolo. Non è stato il mio a colpire l’autista.”
Lo stesso ha aggiunto:
“Eravamo lì per far vedere che non avevamo paura. Al massimo volevamo fare a botte, non uccidere.”
In silenzio davanti al Gip
Kevin Pellecchia e Manuel Fortuna, rappresentati rispettivamente dagli avvocati Valter Petresca, Andrea Vella e Antonio Emili, sono comparsi nel primo pomeriggio di oggi dinanzi al giudice per le indagini preliminari del tribunale di Rieti, Giorgia Bova, per la convalida del fermo a seguito dei fatti di domenica sera, e si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.
Un clima da guerra tra tifoserie
Dietro l’agguato ci sarebbe un regolamento di conti tra tifoserie rivali. Lo stesso Barberini ha ammesso:
“Li aspettavamo dietro il PalaSojourner. Ma c’era la polizia. Così siamo andati sulla Salaria ad aspettarli.”
Presenti anche figure note del tifo organizzato reatino, tra cui Giuseppe Aguzzi, capo della Curva Terminillo, destinatario di Daspo.
Le accuse della Procura
La Procura non ha dubbi: la morte è stata il risultato di un atto volontario. Chi scaglia pietre di grosse dimensioni contro un pullman in corsa sa di poter uccidere. Per questo l’accusa è pesantissima: omicidio volontario con dolo eventuale.
L’avvocato della famiglia Marianella ha dichiarato:
“Raffaele è stato vittima di un’azione criminale. Nessuno parli di tragedia o fatalità.”