Le accuse, il fermo e la ricostruzione della notte
La Procura di Lodi ha disposto un fermo nei confronti di Harouna Sangare, 25 anni, originario del Mali e titolare di un permesso di soggiorno per protezione sussidiaria, come indiziato per violenza sessuale aggravata e lesioni nei confronti della 18enne abusata a San Zenone. Secondo il racconto della vittima raccolto il 31 agosto dai carabinieri, la giovane di 18 anni sarebbe stata affrontata all’imbocco della stazione nella tarda serata mentre aspettava l’ultimo treno: dalle 23 fino a quasi mezzanotte, la ragazza ha raccontato di essere stata picchiata, immobilizzata al collo e poi abusata.
«La presa era così forte che non riuscivo a respirare e pensavo di morire», si legge nelle sue dichiarazioni, rese poche ore dopo l’accaduto. Dopo l’aggressione la ragazza ha chiamato il 118 ed è stata trasportata alla clinica Mangiagalli di Milano; la sua denuncia ha avviato le indagini.
Le tracce biologiche, i filmati e la prova del Dna
Le indagini coordinate dalla Procura si sono concentrate sin da subito sulle immagini di videosorveglianza e su riscontri biologici. Telecamere pubbliche e quelle del centro di accoglienza vicino alla stazione avrebbero ripreso un uomo compatibile con la descrizione fornita dalla vittima: Sangare sarebbe stato immortalato mentre rientrava nella struttura dopo la serata.
Fondamentale per l’indagine il prelievo del Dna svolto dagli inquirenti nella sede del centro; il Ris di Parma avrebbe poi confermato la corrispondenza del profilo genetico con le tracce rinvenute sugli indumenti della ragazza. Sulla base di questi elementi i carabinieri hanno eseguito il fermo mentre il gip dovrà ora valutare la convalida e l’eventuale misura cautelare.
Il centro d’accoglienza, il lavoro svolto dall’indagato e le reazioni
Sangare era impiegato come aiuto cuoco nei centri gestiti dalla Fondazione Fratelli di San Francesco: era arrivato in Italia dopo lo sbarco a Lampedusa nel luglio 2024 e, secondo la gestione locale, non aveva mai mostrato segnali di pericolosità. «Siamo sconvolti», ha detto il direttore della fondazione, sottolineando la collaborazione con le autorità. Il caso ha tuttavia riacceso il dibattito sulla presenza e sul controllo di strutture di accoglienza nei territori: dalla sindaca di San Zenone, che ha elogiato il lavoro degli operatori e la consegna delle immagini ai carabinieri, all’appello della Procura affinché gli enti locali investano di più su telecamere funzionanti, utili per prevenire e risalire ai responsabili di reati di strada.
L’appello della magistratura e il quadro giudiziario
La procuratrice di Lodi ha evidenziato il carattere violento dei reati commessi in spazi pubblici e ribadito la necessità di strumenti investigativi adeguati. Per gli inquirenti rimane il rischio di fuga del fermato, un elemento che ha inciso sulla richiesta di convalida del fermo. Il quadro processuale resta quello di un’indagine in corso: Sangare è indagato ma non ancora giudicato, e gli accertamenti tecnici e le testimonianze saranno determinanti per l’istruttoria. Intanto la comunità locale vive lo choc e si interrogano le istituzioni su misure di prevenzione e sicurezza.