Una battaglia personale diventata pubblica
Dopo anni di silenzio, Francesca Michelon, 40 anni, ha scelto di raccontare la sua storia. Lo ha fatto in modo diretto e personale, con un lungo post pubblicato su Facebook in cui affronta senza filtri la questione della sua paternità riconosciuta da Stefano D’Orazio, batterista dei Pooh scomparso nel 2020.
Non è un post qualunque: è una sorta di memoriale, un atto di coraggio con cui Francesca mette nero su bianco anni di silenzi, attese, delusioni e – soprattutto – un dolore esistenziale mai davvero sanato.
Il test del DNA e la sentenza che ha cambiato tutto
Ad aprile, una sentenza del Tribunale di Roma ha sancito ufficialmente ciò che Francesca sosteneva da tempo: Stefano D’Orazio è suo padre biologico. La prova, inconfutabile, è arrivata dal test del DNA.
Questa sentenza non ha soltanto definito la paternità, ma ha anche annullato il testamento del musicista, che designava come unica erede la moglie, Tiziana Giardoni. Francesca, quindi, è risultata coerede dell’intero patrimonio del batterista e ha ottenuto anche un risarcimento di 60.000 euro per danno biologico.
La risposta della moglie di D’Orazio e l’appello in corso
Ma la vicenda è tutt’altro che conclusa. La moglie del musicista ha presentato ricorso in appello, contestando la decisione del tribunale. Ed è proprio questa nuova fase processuale che ha spinto Francesca a parlare pubblicamente, per evitare che la sua storia venga riscritta.
“È una guerra che va oltre ogni previsione”, scrive, sottolineando quanto quel ricorso stia ferendo la sua memoria e il suo vissuto.
“Non volevo soldi, solo conoscere mio padre”
Nel suo post, Francesca Michelon precisa con forza che la sua azione legale non è mai stata per denaro. “Non volevo nulla da lui, se non conoscerlo meglio”, afferma. Racconta di un primo incontro, a 21 anni, in cui D’Orazio avrebbe cercato di sdrammatizzare la situazione con una battuta amara. Poi la promessa di conoscersi meglio, mai mantenuta.
Col passare degli anni, ogni tentativo di contatto si è dissolto. Francesca racconta di telefonate senza risposta, di silenzi assordanti, di auguri mai ricambiati.
“Non sono un’approfittatrice”
Dopo la causa legale avviata nel 2010, Francesca è stata accusata di opportunismo. Ma nel suo post ribadisce: “Non ho mai approfittato di questa vicenda, ho un lavoro che amo e una vita dignitosa. Ma è vero che ho subito un danno esistenziale su cui nessuno dovrebbe sindacare”.
Una ferita mai rimarginata, aggravata da una dichiarazione pubblica del padre che, in un’intervista, avrebbe detto che il suo unico rammarico era “non aver mai avuto figli”. “Quelle parole – scrive Francesca – erano coltellate”.
Le parole finali: “Una guerra che non ho voluto”
Nel suo messaggio, Francesca conclude con un riferimento indiretto alla moglie di D’Orazio: “La persona che oggi è contro di me è subentrata in una vicenda nata molto prima del suo arrivo nella vita di mio padre”. E denuncia una guerra che va ben oltre le aule di tribunale, una guerra morale, mediatica ed esistenziale.
Nel frattempo, Tiziana Giardoni ha pubblicato una story su Instagram:
“Le verità più profonde non fanno rumore, ma muovono le scelte, segnano i confini, cambiano le direzioni. Chi guarda solo la superficie, giudica. Chi conosce ciò che non si vede, comprende”.
Una risposta velata, che lascia intendere che anche per lei questa battaglia è personale. Ma per Francesca, quel silenzio durato vent’anni doveva finire: “Era giunto il momento di dire le cose come stanno”.