L’ex pm di Pavia indagato: l’accusa di corruzione
Il nome di Mario Venditti, ex procuratore di Pavia, torna al centro delle cronache giudiziarie. L’ex pm è infatti indagato per corruzione in atti giudiziari nell’ambito di un filone parallelo all’inchiesta di Garlasco, quella che portò alla condanna definitiva di Alberto Stasi per l’omicidio di Chiara Poggi.
Secondo l’accusa, Venditti avrebbe favorito Andrea Sempio, amico della vittima, disponendo nel 2017 un’archiviazione frettolosa. Una contestazione che lui respinge con forza, parlando di “accuse che offendono la mia dignità di uomo e magistrato”.
Le parole a Quarto Grado: “Mai preso soldi o benefit”
Intervenuto telefonicamente alla trasmissione Quarto Grado del 26 settembre, Venditti ha espresso tutta la sua amarezza:
«Quest’accusa mi offende come uomo e come magistrato. Ho servito lo Stato per 45 anni, sono stato sotto scorta per 10 anni. Non mi meritavo questo. Non ho mai preso soldi o benefit per mercificare la mia funzione. Vada come vada, dall’indagine verrà fuori la verità».
Il magistrato in pensione ha dichiarato di non avere più paura di nulla:
«Sono più che amareggiato. Dopo quello che è successo, il mio nome è già nel fango. Sono a disposizione, facciano quello che vogliono».
Alla domanda se archivierebbe ancora oggi Sempio, Venditti ha risposto senza esitazioni: «Assolutamente sì».
Il ruolo di Sempio e i dubbi mai sopiti
Il nome di Andrea Sempio è tornato periodicamente nelle cronache sul caso Garlasco. Amico di Chiara Poggi, era stato indagato, ma sempre uscito senza accuse definitive. La sua posizione, dopo la condanna di Stasi, è stata oggetto di istanze di revisione e richieste difensive.
Venditti, coassegnato al fascicolo nel 2017, ribadisce di essere convinto della sua estraneità:
«Se mi chiedono se credo ancora alla sua innocenza, rispondo sì, assolutamente».
La difesa: “Accusa basata su un appunto senza autore”
Durissimo il legale di Venditti, Domenico Aiello, che in una nota (condivisa in toto dall’ex pm Mario Venditti) indirizzata anche al ministro della Giustizia Carlo Nordio ha definito l’indagine “un’aggressione sproporzionata contro un incensurato servitore dello Stato”.
Secondo Aiello, il procedimento si fonda su un solo rigo di un appunto privo di autore, rinvenuto a casa dei genitori di Sempio. “Un elemento fragile – sostiene il difensore – che non può cancellare anni di processi, istanze respinte e la condanna definitiva di Stasi”.
«Se un appunto diventa sufficiente per aprire un’indagine per corruzione, allora vale tutto. Ma non parliamo più di Costituzione o garanzie».
Le precisazioni della difesa
Aiello ha ricordato alcuni punti chiave che, a suo dire, smentiscono la ricostruzione accusatoria:
- Venditti non era gip e non ha mai disposto archiviazioni dirette;
- Non ha mai svolto indagini sulla Procura di Vigevano, titolare del fascicolo su Poggi;
- Si è occupato di Sempio solo nel 2017, due anni dopo la condanna definitiva di Stasi da parte della Cassazione.
Per l’avvocato, parlare oggi di corruzione appare “sconfortante e destabilizzante per l’intero sistema giudiziario”.
Il caso Garlasco e la ferita aperta
Il delitto di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007, resta uno dei casi più discussi della cronaca italiana. Dopo anni di processi e ribaltamenti giudiziari, la Cassazione nel 2015 confermò la condanna a 16 anni di Alberto Stasi, ex fidanzato della giovane.
Nonostante la sentenza definitiva, l’ombra del dubbio non si è mai spenta del tutto. Ogni nuova pista, ogni documento ritrovato, ogni ipotesi alternativa torna a scuotere opinione pubblica e famiglie coinvolte.
Un procedimento destinato a far discutere
Le indagini della Procura di Brescia su Mario Venditti aprono ora un capitolo inedito: per la prima volta viene messo in discussione il comportamento di un magistrato legato indirettamente al caso.
L’ex pm continua a professarsi innocente e promette piena collaborazione:
«Riferirò all’autorità inquirente quando sarò chiamato. La verità verrà fuori».
Il rischio, però, è che questo nuovo filone finisca per alimentare ancora una volta l’eterna coda giudiziaria del caso Garlasco, a 18 anni dal delitto.