Brunetta fa marcia indietro: “Revoco la decisione per tutelare il Cnel”
Dopo giorni di polemiche e tensioni politiche, Renato Brunetta, presidente del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel), annuncia la revoca immediata dell’aumento dei compensi dei vertici dell’ente.
“Come presidente del Cnel, non voglio che dall’applicazione legittima di una giusta sentenza derivino strumentalizzazioni in grado di danneggiare la credibilità dell’istituzione che presiedo”, ha dichiarato Brunetta in una nota.
“Provvederò quindi a revocare con effetto immediato la decisione assunta, nell’intento di tutelare il prestigio del Cnel e preservare un clima di rispetto e collaborazione tra tutte le componenti politiche, istituzionali e sociali.”
Una mossa che arriva dopo la bufera politica scoppiata in seguito alla notizia dell’aumento del suo stipendio a 311mila euro, in applicazione della sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittimo il tetto dei 240mila euro fissato per gli stipendi pubblici.
🔹 Meloni irritata: “Scelta inopportuna”
La premier Giorgia Meloni non ha nascosto la propria irritazione per la vicenda, definendo “inopportuna” la decisione del Cnel, pur nel rispetto della pronuncia della Consulta.
Da Palazzo Chigi trapela il fastidio per un caso che esplode nel pieno dell’esame della manovra economica, già criticata dalle opposizioni per le scarse misure a sostegno dei redditi.
Fonti governative parlano di un doppio disappunto: da un lato per la tempistica, dall’altro per l’effetto politico di un aumento percepito come “stonato” rispetto al clima economico generale.
“La decisione della Consulta è legittima ma non condivisibile”, spiegano ambienti vicini alla premier.
“L’adeguamento dei compensi al Cnel è stato un gesto politicamente inopportuno.”
🔹 L’attacco delle opposizioni
La notizia, rivelata dal quotidiano Domani, ha scatenato una raffica di reazioni da parte del centrosinistra e del Movimento 5 Stelle.
Matteo Renzi ha ironizzato:
“Meloni dice che non farà mai quello che ho fatto io? È vero: io volevo abolire il Cnel, lei invece lo ha riempito di soldi e ci ha messo alla guida il pensionato d’oro Renato Brunetta.”
Sulla stessa linea anche Giuseppe Conte:
“Niente salario minimo, ma aumentano gli stipendi dei vertici del Cnel. È uno schiaffo ai lavoratori.”
Dal Pd il deputato Andrea Casu chiede alla premier “di intervenire e dare un segnale concreto di equità”, mentre Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana) accusa:
“Sono senza vergogna.”
🔹 Le reazioni nella maggioranza
Anche all’interno della maggioranza il caso ha provocato malumori e frizioni.
In Forza Italia, partito di provenienza di Brunetta, prevale la prudenza. “Prendiamo atto”, si limita a dire il portavoce nazionale Raffaele Nevi.
Più dura invece la Lega, che parla apertamente di scandalo e promette iniziative parlamentari.
“Abbiamo letto la notizia e siamo rimasti scandalizzati”, confida un esponente vicino a Matteo Salvini.
Il Carroccio prepara un’interrogazione parlamentare e un emendamento alla manovra per “riportare il tetto ai compensi pubblici nei limiti precedenti”.
🔹 L’origine del caso: la sentenza della Consulta
La vicenda nasce da una sentenza della Corte costituzionale di luglio, che ha dichiarato illegittimo il tetto di 240mila euro introdotto nel 2014 per gli stipendi dei vertici pubblici.
Secondo i giudici, il limite era stato fissato “in un contesto emergenziale per i conti pubblici” e con “un provvedimento d’urgenza non più giustificato oggi”.
A seguito di quella decisione, il Cnel aveva applicato l’adeguamento automatico dei compensi a 311.658,53 euro, come per gli altri organi costituzionali.
“Abbiamo semplicemente ottemperato a una doverosa applicazione della sentenza”, aveva spiegato in una nota l’ente, sottolineando che la misura “vale per tutti gli organi di rango costituzionale”.
🔹 Verso una soluzione normativa
Il tema è già all’attenzione del governo, che da settimane valuta un intervento legislativo per definire un nuovo tetto retributivo uniforme nella pubblica amministrazione.
Il ministro della PA Paolo Zangrillo aveva confermato a fine settembre che erano in corso “ragionamenti con il Mef” per individuare una soluzione dopo la sentenza della Consulta.
Una misura che potrebbe trovare spazio proprio nella prossima manovra economica, per chiudere definitivamente la questione.

