Chi sale e chi crolla nell’analisi Agenas 2025
Il Programma Nazionale Esiti 2025 ribalta certezze e conferma paure. La qualità dell’assistenza sanitaria in Italia migliora, ma resta inchiodata a un dislivello territoriale che non accenna a restringersi. Nord e Centro continuano a performare con numeri solidi, volumi adeguati e interventi tempestivi; il Mezzogiorno, invece, paga ritardi strutturali, fuga di professionisti e un deficit cronico di specializzazione.
Dall’ambito cardiocircolatorio alla chirurgia oncologica e agli interventi di parto: gli ospedali italiani sono sotto la lente dell’Agenas, che nel Programma nazionale esiti (Pne) 2025. L’Agenzia lo ribadisce in modo netto: si può migliorare, ma non senza indirizzi normativi, valutazioni costanti e strumenti obbligatori di verifica.
Sono 1.117 le strutture analizzate e 871 quelle valutate con il treemap, strumento che, attraverso otto aree cliniche, fotografa l’effettiva qualità delle cure. Il 21% si colloca nella fascia più alta: un segnale incoraggiante ma non sufficiente a colmare un Paese che procede a due velocità.
I 15 ospedali migliori d’Italia secondo Agenas
Sono 15 le strutture che hanno raggiunto un livello “alto o molto alto” su almeno sei aree, risultando le vere eccellenze del sistema sanitario nazionale:
- Ospedale Bolognini (Lombardia);
- Ospedale di Montebelluna (Veneto);
- Ospedale Bentivoglio (Emilia-Romagna);
- Ospedale di Città di Castello (Umbria);
- Ospedale Maggiore di Lodi (Lombardia);
- Fondazione Poliambulanza (Lombardia);
- Ospedale Papa Giovanni XXIII (Lombardia);
- Istituto Clinico Humanitas (Lombardia);
- Ospedale di Cittadella (Veneto);
- Ospedale Fidenza (Emilia-Romagna);
- Pof Lotti Pontedera (Toscana);
- Umberto I – Lancisi (Marche);
- AOU Federico II Napoli (Campania);
- Ospedale di Savigliano (Piemonte);
- Ospedale di Mestre (Veneto).
Un elenco che parla chiaro: la mappa dell’efficienza è centrata tra Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, con un’unica eccezione meridionale, la Federico II di Napoli, capace di entrare in un club esclusivo dominato dal Nord.
Campania: record negativo ma con punte di eccellenza
La regione con più criticità è la Campania. Cinquantuno strutture risultano rimandate per almeno un indicatore di qualità: un dato che pesa e che porta il territorio al fondo della classifica nazionale. Eppure, tra numeri che parlano di ritardi e sotto-performance, emergono poli d’eccellenza: la AOU Federico II primeggia tra le migliori d’Italia, la Casa di Cura Montevergine guida il comparto cardiologico, l’ospedale Ruggi d’Aragona di Salerno brilla per neurologia e in ambito oncologico si distinguono l’Istituto Nazionale Tumori e la Fondazione Evangelica Betania. Quest’ultima rappresenta anche la punta più alta in area materno-infantile.
Chirurgia oncologica, emergenze, cesarei e fratture: cosa funziona e cosa no
Il settore oncologico registra miglioramenti continui nelle strutture ad alto volume, con un aumento sensibile degli interventi concentrati in centri specializzati. Bene anche la tempestività degli accessi salvavita come l’angioplastica coronarica, anche se al Sud la velocità di intervento non raggiunge ancora gli standard richiesti. Sul fronte materno-infantile, il taglio cesareo primario diminuisce ma resta troppo elevato nelle regioni meridionali, così come la frattura del femore negli over 65 continua a non essere trattata entro le 48 ore nelle medesime zone. In sintesi: miglioramento reale, ma disomogeneo.
I peggiori (su indicatori multipli)
Restano 51 strutture sotto gli standard minimi, con livelli definiti “molto bassi” su almeno un indicatore cruciale, spesso legato a tempestività di intervento, codifica clinica e chirurgia ad alta complessità. Numeri che definiscono il limite plastico del sistema: senza concentrazione dei casi complessi e investimenti strutturali, la curva non potrà mai allinearsi.

