Pamela Genini e Gianluca SoncinPamela Genini e Gianluca Soncin

Fatali le tre ferite al torace inferte da Gianluca Soncin

“Ho paura. Questo è matto completamente… non so che fare”. È il messaggio disperato che Pamela Genini, 29 anni, ha inviato al suo ex fidanzato e amico poco prima di essere uccisa dal 52enne Gianluca Soncin, la sera del 14 ottobre.
Pochi minuti dopo, l’uomo — che per oltre un anno l’aveva tormentata con minacce, botte e persecuzioni — è entrato nel suo appartamento di via Iglesias, a Milano, usando una copia delle chiavi fatta di nascosto.

Le violenze precedenti e le omissioni

Secondo l’autopsia, la ventinovenne imprenditrice è stata colpita con oltre 30 coltellate, un numero superiore ai 24 fendenti inizialmente rilevati. Almeno tre le ferite letali al torace, ma si attendono ulteriori accertamenti per chiarire se colpi mortali abbiano raggiunto anche il collo.

Nei prossimi giorni la Procura di Milano, guidata da Marcello Viola, terrà una riunione operativa con gli investigatori e i pm Letizia Mannella e Alessia Menegazzo per definire nuove acquisizioni probatorie.
Si indagherà sugli episodi precedenti:

  • la lite di Cervia (settembre 2024), in cui Pamela si ruppe un dito;
  • l’aggressione durante una vacanza all’Isola d’Elba;
  • i tentativi di strangolamento e le minacce con armi da fuoco.

Nonostante ciò, nessuna denuncia formale era mai stata registrata nei sistemi delle forze dell’ordine, nemmeno dopo l’intervento della Polizia del 9 maggio, quando Pamela aveva segnalato la presenza dell’uomo sotto casa.

Profilo dell’assassino

Soncin, 52 anni, con un passato di abuso di cocaina e oppiacei acquistati senza ricetta, e un arresto alle spalle per maltrattamenti verso l’ex moglie, si era costruito una doppia vita tra la provincia di Ravenna e Milano.
Durante l’interrogatorio, ha fornito risposte confuse e ironiche, indicando come “dimora fino a ieri” proprio la casa della vittima e dichiarando di lavorare in un’azienda “di cui non ricorda il nome”.

La Procura punta ora a ricostruire la catena di omissioni e segnalazioni ignorate, un mosaico di violenze che poteva — forse — essere fermato.
Nel frattempo, l’autopsia diventa la chiave per dimostrare la ferocia di un delitto che, ancora una volta, riaccende il dramma dei femminicidi annunciati.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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