Le parole di Adriano Panatta
La scelta di Jannik Sinner di rinunciare alla Final Eight di Coppa Davis continua a dividere il mondo del tennis italiano. Uno dei commenti più duri arriva da Adriano Panatta, che dalle colonne del Corriere della Sera esprime tutto il suo dissenso: «Io alla Davis non avrei mai rinunciato, e se qualcuno della squadra l’avesse fatto sarebbero stati i compagni e il capitano, prima ancora della federazione, a chiedere spiegazioni nel modo più duro possibile».
Panatta, simbolo del tennis azzurro degli anni ’70, ammette di sentirsi «un dinosauro parlante» davanti alla nuova mentalità sportiva dei professionisti: «A me e a Paolo, a Corrado e Tonino, e prima ancora a Pietrangeli e a tutti gli altri, non sarebbe mai passato per la mente. La Davis era al centro dei nostri programmi».
Il confronto tra generazioni
Panatta riconosce che i tempi sono cambiati: «Il tennis oggi è diverso, i giocatori sono CEO di loro stessi, aziende itineranti con staff e sponsor». E osserva: «Posso dire a Sinner che mi dispiace, che fossi stato in lui uno sforzo lo avrei fatto. Ma posso dargli torto quando dice che la priorità è ripartire bene nel 2026 e che una settimana di recupero fa la differenza? No». Per Panatta il calendario ATP ha una responsabilità precisa: «La Davis è troppo vicina alle Finals. È un tennis da ripensare nella sua complessità».
La critica di Nicola Pietrangeli
Ancora più severo è stato Nicola Pietrangeli, intervistato da Repubblica: «Non è una bella cosa. Mi dispiace molto anche per lui. Si mette in fila con quelli che pensano solo ai soldi e non ai tifosi». L’ex campione italiano non contesta tanto la decisione in sé, quanto il tempismo: «Avrebbe dovuto dirlo a inizio stagione. Meno di un mese prima non è corretto. È una questione di coscienza, non di soldi. Ormai a questi livelli gli zeri non bastano più».
La posizione di Corrado Barazzutti
Totalmente diversa la posizione di Corrado Barazzutti, storico ex capitano di Davis, che frena le critiche: «Credo che la decisione di Sinner sia da rispettare. Jannik è un campione che rappresenta i valori dello sport». Barazzutti ricorda quanto Sinner abbia dato alla maglia azzurra: «Ha sempre risposto presente e il suo contributo è stato decisivo per le due vittorie in Coppa Davis. Il suo attaccamento alla nazionale non è in discussione».
Un caso che divide il tennis italiano
La rinuncia di Sinner continua quindi ad alimentare un dibattito aperto. Da una parte chi difende l’onore della maglia e il valore simbolico della Davis, dall’altra chi riconosce il diritto di un atleta di calibro internazionale a gestire le proprie energie in una stagione logorante. Una frattura che sembra fotografare perfettamente il confronto tra due generazioni: il tennis della passione e quello della programmazione.