L’autopsia: ‘Decesso per emorragia interna’
È stata una “sommersione interna emorragica da trauma toracico chiuso” a causare la morte di Riccardo Zappone, il 30enne deceduto lo scorso 3 giugno a Pescara dopo essere stato bloccato dagli agenti con l’uso del taser. Lo ha reso noto la Procura, che ha affidato l’esame autoptico al professor Cristian D’Ovidio, docente dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti e Pescara.
Il medico legale ha escluso qualsiasi nesso causale tra l’utilizzo dell’arma a impulsi elettrici e il decesso. “L’utilizzo del taser – precisa una nota ufficiale – non ha avuto alcun ruolo ai fini del determinismo della morte”.
Accertamenti ancora in corso
Gli accertamenti proseguiranno con esami tossicologici e istologici sui campioni prelevati. Le indagini della Procura della Repubblica di Pescara restano aperte per accertare fatti, circostanze e responsabilità legate a quella che viene definita una “morte violenta in condizioni di particolare vulnerabilità”.
Gli interrogativi sull’uso del taser
Sul caso è intervenuta anche Elena Bignami, presidente della Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva (SIAARTI). “Il taser – spiega – genera contrazioni muscolari temporanee e reversibili, e in genere è considerato sicuro se usato correttamente sugli arti. Tuttavia, in soggetti con aritmie cardiache non diagnosticate, una scarica può teoricamente interferire con l’attività elettrica del cuore”.
La specialista sottolinea che “l’unica reale precauzione è quella di evitare il torace, colpendo preferibilmente braccia o gambe”. Nel caso di Zappone, però, l’autopsia ha escluso collegamenti diretti tra la scarica elettrica e la causa del decesso.