Fabrizio Corona e Raoul BovaFabrizio Corona e Raoul Bova

Scontro Bova – Corona

Il caso che vede protagonisti Raoul Bova e Fabrizio Corona si arricchisce di nuovi sviluppi giudiziari. Dopo la diffusione di messaggi privati tra l’attore e l’influencer Martina Ceretti da parte dell’ex re dei paparazzi, Bova ha presentato una querela per diffamazione e per la più grave accusa di “illecita diffusione di dati personali”.

La denuncia per diffamazione e diffusione illecita di dati

Il legale di Bova, l’avvocato David Leggi, ha depositato un atto che sottolinea come Corona abbia incentivato la diffusione dei messaggi con un invito pubblico sulla sua piattaforma Telegram: “Condividetelo con i vostri amici, così normalizziamo un po’ questo ‘VIP’”. Tale comportamento, scrivono i legali, non è solo diffamatorio, ma configura anche un reato punito fino a tre anni di carcere per la violazione della privacy.

L’incitamento alla condivisione dei messaggi

Secondo la tesi dei legali dell’attore il testo diffuso da Corona, corredato da uno screenshot nel documento della querela, “mostra una chiara strategia di viralizzazione e sfruttamento economico della vicenda”: i canali social di Corona sono a pagamento e supportati da inserzioni pubblicitarie, elementi che, secondo la denuncia, dimostrano la finalità lucrativa del gesto.

Le accuse contro Corona e le indagini in corso

Oltre alla violazione della privacy, Corona è accusato di diffamazione diretta contro Bova, che è stato definito con espressioni offensive e umilianti. All’ex re dei paparazzi viene contestato l’aver diffuso contenuti caricati di toni sarcastici e denigratori, con il fine di danneggiare la reputazione dell’attore.

La vicenda ha anche portato all’apertura di un’indagine da parte della procura di Roma, con il coinvolgimento della polizia postale, per accertare le responsabilità penali di Corona e dell’imprenditore Federico Monzino, accusato di essere intermediario nel presunto tentativo di estorsione ai danni di Bova.

L’attore, già assistito dall’avvocata Annamaria Bernardini de Pace, ha deciso di non cedere al ricatto ma di denunciare, mettendo in luce il problema della privacy e della tutela della reputazione in un’epoca di comunicazione digitale incontrollata.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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